«La guerra sta facendo venire al pettine tutti i nodi irrisolti. Ma mi auguro che induca l'Europa e l'Italia a compiere le scelte necessarie, anche quelle scomode». Massimiliano Giansanti, presidente nazionale di Confagricoltura, non usa mezzi termini per fotografare la situazione attuale e per esprimere la preoccupazione per le drammatiche conseguenze che il conflitto fra Russia e Ucraina ha generato sul mercato agricolo. «Oggi verrà presentato il piano d'azione della Commissione Europea, che include il recupero di terreni che non avrebbero dovuto essere seminati. Il rincaro dei prezzi di materie prime ed energia verrà fronteggiato da un pacchetto di misure anticipato dal Commissario europeo all'Agricoltura Janusz Wojciechowski, fra cui l'impiego della riserva da 500 milioni della Pac (Politica Agricola Comune, ndr) e un finanziamento extra d'emergenza da 1 miliardo. Ma ci sono altre misure che servono urgentemente», puntualizza Giansanti.
Cosa si deve fare?
«In Europa si è capito che sono stati fatti errori nella Pac che hanno causato quei problemi all'autosufficienza alimentare che subiamo oggi».
A cosa si riferisce in particolare?
«A scelte sbagliate sul piano politico, che hanno polarizzato l'approvvigionamento in zone del mondo mentre ora ci troviamo a dover rifornirci da altre».
Entrando più nel dettaglio?
«Per esempio, dagli Stati Uniti. Per importare dagli Usa adesso serve un accordo commerciale dell'Ue, per cui i consumatori ora potrebbero dover aspettare i tempi della burocrazia».
Il costo del pane è schizzato alle stelle, le imprese di pasta lamentano di non trovare il grano di cui hanno bisogno. Sono questi alcuni degli effetti diretti della guerra?
«No, sul grano duro (di cui Ucraina e Russia non sono grandi produttori), che è quello che serve per la pasta, si risente di due anni di siccità perdurante, e la riduzione degli stock internazionali era già in atto da tempo. È sul grano tenero per il pane e biscotti, nonché per il mais e i semi oleosi, che invece siamo molto esposti con l'Ucraina. Con il paradosso che, dopo aver sostituito l'olio di palma con l'olio di semi di girasole, dovremmo tornare a usarlo».
La speculazione finanziaria ha avuto e ha tuttora un suo peso nelle carenze di queste settimane?
«Sì, gli speculatori, per esempio in Borse come quella di Chicago, influenzano il costo delle materie prime. Si tratta sia di grandi fondi di investimento che di raider più piccoli, c'è un po' di tutto».
Quali sono le richieste che rivolgete all'Unione Europea e al nostro governo?
«Noi chiediamo che si dia quanto prima il via libera all'utilizzo delle nuove biotecnologie».
Parla degli Ogm? C'è una contrarietà politica trasversale sul tema.
«No, non sono la stessa cosa. Gli Ogm sono superati. Le biotecnologie utilizzabili sono del tutto nuove, e in Italia su questo fronte saremmo avvantaggiati perché siamo leader nella ricerca».
Il governo Draghi dovrebbe spingere di più?
«Certo che dobbiamo spingere, primo perché siamo già detentori dei brevetti, e secondo, perché si tratta di tecnologie che garantiscono la sostenibilità, in base ai risultati della scienza».
In Europa ha trovato compattezza o ci sono resistenze sulle
biotecnologie?«Ci sono Ong europee che ancora non capiscono che il mondo cresce, e se cresce la popolazione deve crescere anche la produzione. Ma siamo ancora in tempo: il Pac non è ancora stato votato da tutti gli Stati».
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