Ora la guerra mondiale è a un passo. Lo sa l'America di Joe Biden che richiama i suoi cittadini dalla Russia. Lo sanno russi e alleati delle repubbliche indipendentiste di Donetsk e Lugansk convinti che il sabotaggio ai gasdotti Nord Stream sia il primo atto dello scontro diretto con gli Usa. Tutto si deciderà venerdì 30. Come a febbraio, la chiave sarà il discorso alla nazione di Vladimir Putin in cui il Presidente accoglierà, con l'avvallo della Duma, le richieste di adesione alla Federazione Russa delle autorità di Donetsk e Lugansk e dall'amministrazione militare e civile dei territori occupati di Zaparozha e Kherson. Putin a quel punto potrà lanciare un ultimatum entro cui pretendere il totale ritiro ucraino dai territori di Kherson, Zaporizhzhia, Donetsk e Lugansk. La naturale conseguenza dell'ultimatum sarà l'espansione (già annunciata) di un intervento trasformato da «Operazione Speciale» a operazione di difesa del territorio russo. Operazione da garantire con tutte le forze e gli armamenti disponibili, compresi quelli nucleari se, come si fa capire, sarà messa a repentaglio la sopravvivenza della Federazione. La parte più sibillina del discorso potrebbe riguardare gli attacchi ai territori «russi» condotti con missili Himars o altre armi occidentali. Se quelle operazioni venissero catalogate come attacchi Nato, le rappresaglie sarebbero conseguenti. Secondo fonti de Il Giornale Putin vorrebbe però riservarsi per un secondo momento l'ipotesi di un'aperta escalation con la Nato. Nella visione del Cremlino ottobre sarà un mese in cui la Casa Bianca - alle prese con il voto di «mid-term» del 4 novembre - avrà difficoltà ad annunciare cambi radicali di strategia. Le prossime cinque settimane diventerebbero dunque il periodo più favorevole per dispiegare le nuove forze, bloccare la pressione ucraina nel nord est e riprendere l'avanzata verso Kramatorsk e Sloviansk, compromessa dall'offensiva di Kiev su Izium. Si tratterà in ogni caso di un'operazione molto più devastante di quelle viste fin qui, realizzata con un intenso utilizzo di cacciabombardieri e la distruzione di infrastrutture strategiche dell'Ucraina. L'obbiettivo sarebbe arrivare a novembre con il pieno controllo dei territori di Donetsk e costringere Kiev a un durissimo inverno.
Ma è anche chiaro che a questo punto la guerra - sia dalla parte della Nato, sia dalla parte di Mosca - si combatterà senza limitazione di armi e mezzi. E senza risparmiare dolorose perdite all'avversario. Ma in un confronto sempre più crudele e spietato, lo spazio per l'escalation e lo scontro diretto è sempre a un passo.
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