Ora l'inflazione tira il freno. In ottobre crolla al 2,4%

È la stima del dato tendenziale che l'Istat diffonde oggi. Un mese fa era al 5,3%. Adesso l'incognita arriva da Israele

Ora l'inflazione tira il freno. In ottobre crolla al 2,4%
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Dal 5,3% di settembre al 2,3% circa di ottobre: in un solo mese l'inflazione lascia le vette con le quali ci misuriamo da un anno per tornare a livelli dal volto umano. Con un crollo atteso nell'ordine del 3 per cento. È quello che si aspettano molti analisti per oggi, quando l'Istat diffonderà la stima provvisoria dell'andamento dei prezzi al consumo nel mese di ottobre.

Per l'ufficio studi di Confcommercio, tra i più attenti alle dinamiche dei prezzi, l'inflazione congiunturale (cioè la variazione mensile dell'indice dei prezzi) registrata a fine ottobre rispetto a quella del settembre scorso è attesa a +0,3/+ 0,5%. Il che, applicato a livello tendenziale (e cioè alla variazione annuale dell'indice, misurata tra ottobre 2023 e ottobre 2022) porterà il dato al 2,2/2,4% contro il 5,3% dell'inflazione registrata a fine settembre. Così si andrebbe verso una chiusura di anno vicina al +6%, contro il +8,1% del 2022. La corsa dei prezzi, che negli ultimi 12 mesi era letteralmente impazzita, arrivando a sfiorare il +12% della fine del 2022, si appresta a effettuare una super frenata e a rientrare nell'alveo della normalità (un valore intorno al 2%).

Il motivo, da un punto di vista aritmetico-congiunturale, è legato al periodo di riferimento: il boom dell'inflazione avvenne esattamente un anno fa, con un balzo del 3,4% nel solo mese di ottobre 2022. Da allora fino a ieri le statistiche calcolate anno su anno e registrate mese per mese hanno risentito di quel balzo: la variazione tendenziale dei prezzi si riferiva al periodo precedente all'ottobre 2022. Ebbene, da oggi, il confronto diventa più omogeneo, perché avviene con mesi che già incorporavano l'effetto dell'aumento dei prezzi.

Da un punto di vista politico si può affermare che il costante rallentamento nella crescita dei prezzi è stato accompagnato da varie iniziative del governo: sia quelle mirate a contenere i prezzi finali dell'energia, sia le più recenti, con l'introduzione dei prezzi calmierati per alcuni prodotti di largo consumo nella grande distribuzione.

Dal punto di visto monetario, infine, l'inflazione ha senz'altro legato il suo andamento all'aumento dei tassi d'interesse operato dalla Bce, il cui effetto è stato quello di raffreddare l'economia. Probabilmente anche troppo, visto il rischio di una recessione indotta anche dai minori consumi. Di certo il trend dei prezzi a cui stiamo assistendo renderebbe incomprensibile un nuovo aumento dei tassi e, anzi, apre la strada a un graduale calo nel giro dei prossimi 6-9 mesi. Anche se l'indice contro cui combatte la Bce è più «rigido» perché è costruito al netto di energia e beni alimentari non lavorati.

Tutto dipenderà, come sottolinea la stessa Confcommercio, dagli effetti della crisi in Israele. Senza quello choc la strada verso un'inflazione al 2% per il 2024 sembrava spianata.

Ora, invece, gli effetti sui prezzi di materie come il gas (+36% il Ttf dal 7 ottobre) pongono qualche dubbio sulla rapidità di rientro da novembre in poi. Il che, in chiave 2024, potrebbe mantenere l'inflazione più vicina al 3 che al 2 per cento tanto auspicato. E che oggi sembrava essere ormai a un passo.

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