
Isabella Rauti, sottosegretario alla Difesa, imperterrita sotto la neve, con il cappello di alpino, ha seguito l’inizio dell’esercitazione Volpe bianca, che addestra le truppe di montagna simulando un ambiente artico in
Val Pusteria. A Prato di Piazza si è svolta Arctic shield, dimostrazione ad alta tecnologia con cani robot, droni e sistemi di disturbo del 9° reparto sicurezza cibernetica “Rombo”, gli alpini del 4° reggimento paracadutisti e del 3° reggimento, che avanzavano nella neve simulando l’assalto ad una postazione nemica con l’appoggio dell’artiglieria. Obici da 105 millimetri come quelli inviati agli ucraini per difendersi dai russi sul fronte del Donbass. Dopo la cerimonia di chiusura a Cortina, alla presenza di alcuni dei familiari dei 25 alpini caduti nei teatri operativi degli ultimi anni, Rauti affronta con Il Giornale i temi d’attualità. E auspica che l’Europa diventi una superpotenza.
Qualcosa, finalmente, si muove nella guerra in Ucraina?
“Si muove a livello diplomatico per costruire la pace. Gli accordi di Gedda (fra Ucraina e Usa sulla tregua di un mese nda) sono un interessante punto di partenza. Ci auguriamo che si arrivi ad un tavolo rappresentativo e decisionale per un cessate il fuoco. E poi per costruire una pace giusta e duratura. A questo tavolo l’Unione europea deve essere presente”.
La pace giusta non le sembra una chimera?
“La pace non deve essere una resa. Noi crediamo nei principi della sovranità nazionale e dell’autodeterminazione violati dall’invasione russa”.
Putin accetterà la tregua?
“Quando è scattata l’invasione nessuno pensava che sarebbe durata così a lungo. Adesso la pace appare più vicina o, meglio, meno lontana. Se la Russia decidesse di non accettare la tregua significa che vuole andare avanti ad oltranza”.
Perchè l’Italia sembra restia ad inviare truppe in Ucraina per garantire gli accordi?
“L’Italia, prima con il governo Draghi e poi Meloni, ha mantenuto una posizione ferma di sostegno all’Ucraina. Sostegno materiale, politico e morale. Se le nostre truppe dovessero fare da cuscinetto fra quelle russe ed ucraine la risposta è no. In un clima di costruzione della pace e nell’ambito di una missione internazionale, sotto l’egida dell’Onu, siamo favorevoli. Abbiamo anche proposto di estendere all’Ucraina la protezione dell’articolo 5 della Nato, in termini di difesa e sicurezza, senza la necessità che sia membro dell’Alleanza”.
Continuano gli attacchi a Mattarella. Come mai questa “offensiva” russa nei confronti del Quirinale?
“La linea italiana sull’Ucraina è ferma e chiara a tutti i livelli. Per questo la propaganda russa colpisce fino al massimo rappresentante del paese. Il vero bersaglio, però, non è il presidente Mattarella, ma la posizione italiana”.
Trump sembra un ciclone dall’Ucraina, ai dazi, fino al Medio Oriente e l’Europa. Come giudica l’approccio del presidente americano?
“E’ una forma di pragmatismo politico al quale non siamo abituati, ma forse dobbiamo farlo. Non significa accettare qualsiasi cosa, ma in poco tempo Trump ha dato una scossa a situazioni paralizzate da anni. Di volta in volta valuteremo rispettando due principi: fedeltà all’Alleanza atlantica e autonomia decisionale”. Rearm Europe, il voto al Parlamento europeo ha registrato l’ordine sparso nell’opposizione, ma pure nella maggioranza. Come è possibile?
“Avremo preferito la definizione “Europa della Difesa”, che riguarda non solo il riarmo, ma pure altri aspetti come gli attacchi cyber. Tuttavia pensiamo che l’Europa debba rafforzare la sua difesa, l’industria di settore e la politica di sicurezza. In questa situazione di instabilità pervasiva come si può non capire che il piano è necessario? L’Europa ha bisogno di difendersi, di essere pronta a qualsiasi sfida e diventare, in prospettiva, una superpotenza”.
L’esercito europeo fa parte di questo piano?
“Noi abbiamo sempre lavorato per creare un pilastro europeo della Nato. Non è un esercito comune e neppure la sommatoria delle forze armate nazionali. Un pilastro Nato europeo condivide standard, investimenti nell’industria di settore e anche una politica comune”. Abbiamo i fondi per raggiungere il 2% del Pil, previsto dalla Nato, per la Difesa?
“Spendiamo circa l’1,57% del Prodotto interno lordo. L’Italia ha sottoscritto negli anni l’impegno di arrivare al 2%. Ci rendiamo conto che potrebbe essere necessario anticipare questo obiettivo stabilito per il 2028. Abbiamo proposto che le spese siano svincolate dal patto di stabilità (limite del deficit al 3% del Pil nda). Rispetto all’inizio la voce isolata del ministro Crosetto è diventata, forse non corale, ma finalmente ben più condivisa”.
Lei ha assistito in questi giorni l’esercitazione Volpe bianca, che simula operazioni nell’estremo Nord e voluto un forum fra esperti. Perché l’Artico ci riguarda?
“L’Artico è la nuova frontiera degli equilibri geopolitici globali. Per effetto del cambiamento climatico non è più un territorio irraggiungibile e remoto. Lo scioglimento dei ghiacci aprirà nuove rotte commerciali marittime ben più convenienti, rispetto a quelle tradizionali, sia per la durata che per i costi. Inoltre l’Artico ha un concentrato straordinario, non ancora sfruttato, di materie prime e di terre rare, risorse fondamentali. Per questo c’è una corsa di carattere economico delle potenze mondiali e una militarizzazione dell’Artico in particolare da parte russa e cinese. Non è difficile immaginare che in questo scenario verranno esercitate delle politiche di potenza basate su interessi contrapposti. Da una parte l’Occidente e dall’altra Russia, Cina, ma pure l’India. L’Europa non può rimanere indietro o venire tagliata fuori da questa partita del futuro”.
L’esercitazione degli alpini in Val Pusteria ha affrontato temperature di 5 gradi sotto lo zero. Sul fronte del Donbass si combatte anche a - 18, ma nell’Artico si arriva a - 40. Com'è possibile operare?
“Addestramento e formazione delle truppe alpine ci permettono di affrontare queste condizioni estreme. Le nuove tecnologie aiutano a consolidare le capacità operative e lo dimostra l’esercitazione Volpe bianca. Stiamo investendo su equipaggiamenti, materiali e mezzi studiando quello che il soldato mangia, come si veste per resistere al freddo fino alle batterie per i droni”.
Il risultato delle nuove elezioni in Groenlandia aprono scenari inaspettati?
“E’ l’isola più grande del mondo, centrale nello scacchiere artico. Si è votato l’11 marzo per il rinnovo del Parlamento e ha vinto l’opposizione, composta da due formazioni politiche che puntano all’indipendenza. Penso che la Groenlandia percorrerà questa strada, ma non per diventare il 51imo stato americano. Le dichiarazioni di Trump vanno, però, contestualizzate. Il presidente Usa denuncia attività militari cinesi in Groenlandia e lo spazio aereo dell’isola è vitale per eventuali attacchi missilistici”.
La Groenlandia è ricca di uranio, gas e petrolio. L’indipendenza potrebbe favorire gli appetiti delle superpotenze?
“Non occorre arrivare all’indipendenza. Nei giorni scorsi la Cina aveva puntato a vincere, con una sua società, la gara per un importante progetto estrattivo. Alla fine l’appalto è stato aggiudicato ad un concorrente, che fa capo agli Stati Uniti”.
Oggi si terrà la manifestazione per l’Europa.
Perchè la destra si chiama fuori?“Rovescerei la domanda: perché la sinistra non condivide il piano Rearm rifiutandosi di capire che si tratta della sicurezza dell’Europa? Non si tratta della sicurezza del governo Meloni, ma di tutti”.
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