La raffica di proiettili che ha quasi ucciso Donald Trump a Butler, in Pennsylvania, è il sintomo di un male profondo dell'America. Se è vero che gli Stati Uniti sono un Paese abituato alla violenza politica, l'attentato al tycoon si inserisce in un clima d'odio che può deflagrare in un scontro aperto tra fazioni. E i segnali in questi anni non sono mancati.
Un primo campanello d'allarme suona a Lensing, Michigan. In quella fredda mattina del 15 aprile del 2020 le strade sono intasate. C'è una colonna di mezzi che punta al Congresso statale. Una coalizione di milizie della galassia dell'estrema destra americana lancia la cosiddetta operazione Gridlock. Un tentativo di impedire che il Michigan vari un lockdown a causa della pandemia. L'assalto fallisce, ma il popolo anti mascherine e anti chiusure si dà appuntamento e si presenta armato e in massa 15 giorni dopo. La protesta è tanto coreografica quanto inquietante data la presenza massiccia di armi da fuoco. I fatti di Lensing alla fine sono solo un antipasto di quello che il mondo avrebbe poi visto il 6 gennaio del 2021.
Le milizie armate, come Proud Boys, Oath Keepers e Boogaloo Boys, non rappresentano una grande fetta di America, ma sono la punta dell'iceberg di inquietudini che ciclicamente esplodono, come a Butler. Da un decennio sempre più esperti sono concordi nel sottolineare come gli Stati Uniti non siano mai stati così divisi. Il punto è che qualcuno inizia a parlare apertamente di guerra civile. E no, non stiamo parlando di leader estremisti, ma di professori e analisti. Giugno, il Policy Horizons Canada, un think tank che lavora per il governo di Ottawa, pubblica un dossier dal titolo Disruptions on the Horizon, disagi all'orizzonte. Nel documento si analizzano due categorie di «disagi», dai più probabili come le fake news e i cyber attacchi, fino ai più pericolosi come il collasso del sistema sanitario, ma soprattutto l'eventuale scoppio di una guerra civile negli Stati Uniti. Il documento sottolinea il rischio che «le divisioni ideologiche, l'erosione democratica e i disordini interni si intensifichino al punto di far precipitare il Paese in una guerra civile». Dal Canada fanno sapere che lo scenario viene considerato improbabile, ma leggere queste analisi in documenti ufficiali di un governo desta diverse preoccupazioni.
Il clima nel Paese è pesante e ci sono fattori che alimentano paure di una pericolosa deriva violenta. Secondo il Public Religion Research Institute (PRRI) e il Brookings Institution, un americano su quattro è convinto che la violenza politica si possa giustificare se usata per «salvare» il Paese. Per capire come la polarizzazione abbia raggiunto un punto critico bisogna soffermarsi su quel «salvare». Sempre più americani sono convinti che i giorni migliori del Paese siano alle spalle. Al di là di un'economia robusta e un livello di povertà in calo negli ultimi anni, si tratta di una convinzione che copre tutto lo spazio politico da destra a sinistra. Nel Paese è maturata la convinzione che il proprio avversario politico sia un nemico. E così il Congresso diventa sempre meno improduttivo dato che collaborare con un esponente dell'altro partito viene visto come un tradimento.
Questa spaccatura va al di là della politica e si fa anche sociale e culturale. Durante la pandemia, ad esempio, le mascherine sono diventate la bandiera che divideva democratici e repubblicani. L'incomunicabilità tra le parti è arrivata anche nelle case degli americani. Un esempio su tutti è il matrimonio. Le unioni tra persone con affiliazioni politiche diverse sono in diminuzione. Secondo la ricerca Survey Center on American Life dell'American Enterprise Institute, due terzi dei single, liberal o conservatori, rifiuterebbero un partner che non condivide le loro idee politiche. Non solo. Un altro sondaggio all'Università di Chicago ha evidenziato che la polarizzazione è anche di genere: i giovani uomini si sono spostati a destra, mentre le coetanee sono diventate ancora più liberal.
In questo modo democratici e repubblicani diventano due bolle che non comunicano più. Barbara Walter, professoressa dell'Università della California ed esperta di guerre civili, ha cercato di capire come potrebbe apparire una guerra civile nel Paese e soprattutto se mai gli Usa possano arrivare a un collasso democratico. Per Walter gli indicatori che indicano uno scivolamento verso il conflitto sono quattro: quando i Paesi non sono né pienamente democratici né pienamente autocratici; quando i partiti sono divisi lungo linee identitarie; quando il gruppo dominante sente che sta perdendo il suo status; quando i cittadini perdono fiducia nel sistema politico. Per Walter l'America mostra tutti questi segnali.
Ma come e quando potrebbe scoppiare questa guerra civile? Walter su questo ha le idee chiare: l'America di oggi non è quella del 1861, le linee di divisione non sono più tra Nord e Sud, ma dentro le stesse comunità, tra centri urbani liberal e zone rurali sempre più conservatrici. Un modello che aiuta a spiegare un possibile scenario è quello dei Troubles nell'Irlanda del Nord a cavallo degli anni '70 e '80. Ma anche la violenza politica fatta di attentati e trame eversive che insanguinò l'Italia negli anni di piombo. Lo scenario è quello di un conflitto a bassa intensità che si infiamma in momenti chiave come le elezioni. Qualche anno fa tre ex-generali hanno scritto al Washington Post avvisando l'esercito di essere pronto per il voto del 2024, in particolare vigilando sul possibile caos all'interno delle stesse forze armate. Questi segnali gettano ombre inquietanti sulla democrazia e rappresentano un momento molto intenso per la ridefinizione dell'identità americana. In passato momenti di tensione non sono mancati. Ogni volta che un nemico veniva sconfitto, seguiva un periodo di tensioni interne in cui il nemico si cercava tra le mura di casa. È successo con la caccia ai comunisti dopo la Rivoluzione russa; con il terrorismo domestico dopo la fine della Guerra Fredda; e sta succedendo ora dopo la fine della caccia ad Al Qaeda dopo l'11 settembre.
La sensazione è che l'America abbia smarrito
il principio cardine scritto nelle prime righe della sua costituzione: la ricerca di un'unione più perfetta e di un patto sociale tra persone diverse cementato da quel E pluribus unum inciso nello stemma degli Stati Uniti.
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