Paghiamo noi il pasticcio kazako di Alfano

La Cassazione: "Espulsione illegittima". E obbliga il Viminale a risarcire la Shalabayeva

Paghiamo noi il pasticcio kazako di Alfano

Roma - Ora c'è anche il sigillo della Cassazione su una delle peggiori figuracce diplomatiche della storia del nostro Paese: Alma Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako Muktar Ablyazov, non doveva essere espulsa. Un pasticcio all'italiana per il quale saranno i cittadini a dover pagare.

La donna aveva tutte le carte in regola per rimanersene a Roma con la sua figlioletta invece di essere prelevata con la forza di notte dalla sua villa di Casal Palocco dalla polizia, arrestata con l'accusa di possedere un passaporto falso, trattenuta con la bambina di sei anni al Cie di Ponte Galeria come un'immigrata qualunque e messa in tutta fretta su un volo per il Kazakistan. Cercavano suo marito, non l'hanno trovato. Ma l'irruzione del 28 maggio 2013 e la gestione successiva della vicenda hanno messo in grave imbarazzo il ministro dell'Interno Angelino Alfano, nonostante egli abbia sin dal primo momento cercato di scaricare su altri le responsabilità dell'accaduto sostenendo che il governo non fosse stato informato. Salvo poi essere smentito dal capo di Gabinetto del Viminale Giuseppe Procaccini, che alla fine è stato costretto a dimettersi. Ora sull'espulsione della Shalabayeva si è pronunciata la Suprema Corte, che le ha dato ragione su tutta la linea criticando il blitz e puntando il dito contro ministero dell'Interno, prefettura e questura di Roma per l'eccessiva fretta con cui è stata condotta tutta l'operazione ignorando il diritto della donna a richiedere asilo e a esercitare adeguatamente il diritto di difesa. E ora tocca a noi pagare per questa vicenda «anomala e contraddittoria». Proprio così, perché scrivendo che «il trattenimento illegittimo determina il diritto al risarcimento del danno per la materiale privazione della libertà personale» i giudici hanno spianato la strada ad una richiesta di indennizzo allo Stato italiano per i danni morali e materiali subiti dalla moglie di Ablyazov su cui già stanno lavorando i legali della donna, Vincenzo Cerulli e Riccardo Olivo. E la cifra sarà ben superiore a quella che il ministero dell'Interno è stato già condannato a pagare dalla Cassazione alla Shalabayeva: 5.200 euro per le spese di giudizio e quelle relative alla fase di convalida del fermo. Per i supremi giudici il provvedimento di rimpatrio era viziato da «manifesta illegittimità originaria» per questo hanno annullato senza rinvio la convalida del trattenimento della donna al Cie da parte del giudice di Pace di Roma. La Shalabayeva aveva validi titoli per soggiornare in Italia ma nessuno si è preoccupato di tradurre i documenti in modo che la donna potesse chiarire la sua posizione. La Cassazione ritiene che le autorità conoscessero la sua effettiva identità e il fatto che fosse in possesso non solo di un valido passaporto diplomatico centroafricano ma anche di due permessi di soggiorno efficaci rilasciati da Regno Unito e Lettonia.

La decisione della Cassazione mette di nuovo Alfano nel mirino.

I grillini chiedono la sua testa: «Avevamo ragione noi, la moglie di Ablyazov non doveva essere espulsa. Il ministro dovrebbe trarne le dovute conseguenze e rassegnare le dimissioni». Dimissioni immediate chiede anche Arturo Scotto, capogruppo di Sel, per il quale l'espulsione «fu una forzatura senza copertura giuridica».

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