Il pantano del Pd senza candidati

I dem inventano una storia al giorno per il bis di Mattarella

Il pantano del Pd senza candidati

Meno male che c'è la quarta ondata Covid, così possiamo convincere Draghi e Mattarella a restare ai propri posti: sembra questo il succo dei ragionamenti, fatti soprattutto in casa Pd, alla vigilia di un'elezione presidenziale in cui quasi nessuno, Nazareno in testa, sembra sapere che pesci prendere.

I nuovi contagi, l'emergenza, la necessità di una campagna di richiami vaccinali a spron battuto: «La quarta ondata rilancia il tandem Draghi-Mattarella», assicurava ieri un titolo di Repubblica. E in effetti, gira che ti rigira, il problema del Pd resta sempre quello: come arrivare alla fatidica scadenza senza numeri, né coalizioni, né candidati con chance autentiche. A parte, appunto, il presidente uscente, che però finora ha fatto sapere che non se ne parla. Quanto ai numeri, sulla carta parte in testa il centrodestra, e l'ago della bilancia rischiano di essere gli odiati Renzi e Calenda, cui non a caso Letta si è affrettato a rivolgere un invito a entrare nel suo «campo largo», che dovrebbe essere una riedizione dell'Ulivo. Ma che per ora perde pezzi più che acquistarne: il feeling con Giuseppe Conte, in pochi giorni, è scemato ai minimi storici: Letta ce l'ha con Conte che gli ha mandato gambe all'aria il tavolo - ancora immaginario - attorno al quale voleva riunire la maggioranza per un'intesa sulla manovra (e poi, se mai, sul Quirinale). Conte è fuori dalla grazia di dio col Nazareno che ha benedetto l'intesa sulle nomine Rai ignorando la sua sconfitta per mano di Gigino Di Maio.

Insomma, il leader dem rischia di arrivare alla pugna di fine gennaio piuttosto solo e con poco filo da tessere. E nei suoi gruppi parlamentari si continua a puntare sul Mattarella bis: certo, quella di Mario Draghi sarebbe una candidatura prestigiosissima e assai forte, ma «non si può pensare a Draghi presidente senza capire cosa succede al governo», dice Stefano Ceccanti. «O c'è chiarezza sullo scenario dei prossimi due anni, oppure non è un candidato effettivo». E siccome «al momento nessuno è in grado di fare la regia di questa elezione, si rischia di finire nella stessa situazione in cui venne rieletto Napolitano». Letta coi suoi non si è sbottonato sulle sue strategie, ma - essendo rientrato in Parlamento - ha ben percepito gli umori interni, e sa che qualunque forzatura che comporti il rischio di elezioni anticipate produrrebbe rivolte dei franchi tiratori.

L'altro nome con origini di sinistra che circola è quello di Giuliano Amato, su cui - si ragiona - potrebbe arrivare il sì di Berlusconi, che lo voleva già nel 2015. Ma anche il sì di Di Maio che, raccontano, ha grande gratitudine per l'ex premier e giudice della Consulta, cui ha chiesto aiuto - ottenendolo - per farsi aprire le porte di alcune cancellerie europee dove era visto come un inaffidabile amico dei Gilet Gialli, e perché garantisse sul suo cambiamento di idee e stile.

A bocciare il Pd e le sue tentazioni è però un vecchio compagno di partito dell'attuale inquilino del Quirinale, l'ex dc Guido Bodrato:

vorrebbero congelare «l'attuale assetto», dice a Repubblica, «ma con quale maggioranza, mi chiedo? Non c'è, e così l'auspicio non è scelta politica ma solo un modo per evitare il problema. Perché, al concreto, non sanno che fare».

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