![Il Papa ai vescovi Usa: "No alle deportazioni". Lo "zar" di Trump: "Pensi alla sua Chiesa"](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2025/02/12/1739337603-ajax-request.jpg?_=1739337603)
Alcuni membri dell'episcopato cattolico americano avevano da tempo manifestato privatamente al Papa una «grande preoccupazione» per le politiche anti-migranti di Donald Trump. «Per favore, faccia qualcosa», gli avevano chiesto. Persino il presidente della Conferenza Episcopale degli Usa, l'arcivescovo Timothy Broglio, da molti considerato vicino alle posizioni dei repubblicani, aveva parlato di «scelte profondamente preoccupanti che avranno conseguenze negative». Papa Francesco, ieri mattina, ha quindi voluto inviare una lettera a tutti i vescovi americani che si trovano ad affrontare una «crisi» con il «programma di deportazioni di massa» di immigrati clandestini. Una missiva che i media americani hanno definito «irrituale», perché il Pontefice indica una chiara linea all'episcopato e, pur senza nominarlo, fa un duro richiamo al nuovo inquilino della Casa Bianca, dicendo che «l'atto di deportare persone che in molti casi hanno lasciato la propria terra per motivi di estrema povertà, insicurezza, sfruttamento, persecuzione o grave deterioramento dell'ambiente, lede la dignità di molti uomini e donne e di intere famiglie».
Bergoglio chiarisce che «ciò che è costruito sulla base della forza e non sulla verità della pari dignità di ogni essere umano, inizia male e finirà male»; riconosce tuttavia che ogni nazione ha il diritto di difendersi e di mantenere le comunità al sicuro, ma chiede «lo sviluppo di una politica che regoli una migrazione ordinata e legale». Nel testo Francesco dà anche una risposta indiretta al vice presidente cattolico J.D. Vance che per giustificare la politica trumpiana sui migranti in passato aveva citato il concetto teologico-morale di ordo amoris.
«Il vero ordo amoris da promuovere», scrive il Pontefice, «è quello che scopriamo meditando costantemente la parabola del buon Samaritano, meditando cioè sull'amore che costruisce una fraternità aperta a tutti, nessuno escluso».
La replica a Bergoglio non si è fatta attendere: Thomas Homan, lo «zar dei confini» di Trump ha detto ai giornalisti che «il Papa dovrebbe concentrarsi sulla Chiesa cattolica e lasciare che ci occupiamo noi delle nostre frontiere».
Intanto sempre ieri mattina, prima di diffondere la lettera, il Papa ha nominato il nuovo arcivescovo di Detroit, una dei centri nevralgici del cattolicesimo americano. Si tratta del giurista 64enne Edward Weisenburger, noto per le sue posizioni pro-migranti. Il monsignore era finito al centro delle cronache nel 2018 quando propose di negare la Comunione agli agenti di frontiera di fede cattolica che, durante la prima amministrazione Trump, avevano preso parte alla politica di separazione delle famiglie di migranti al confine tra Stati Uniti e Messico.
Quella di Weisenburger non è la prima nomina
papale di alti prelati critici verso il nuovo presidente USA: di recente Francesco ha nominato nuovo arcivescovo di Washington D.C. il cardinale Robert McElroy che si è spesso detto contrario all'agenda politica del tycoon.
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