«La corruzione puzza, la società corrotta puzza e un cristiano che fa entrare dentro di se la corruzione non è un cristiano, puzza». In Piazza Giovanni Paolo secondo a Scampia, terra di camorra e periferia umiliata e dimenticata di Napoli, Papa Francesco attacca i politici e le anime corrotte. «Se noi chiudiamo la porta ai migranti, se noi togliamo il lavoro e la dignità alla gente, come si chiama questo? Si chiama corruzione e tutti noi abbiamo la possibilità di essere corrotti. Nessuno di noi può dire: io mai sarò corrotto».
Chi pensava ad una passerella del Pontefice argentino si è sbagliato. Sei appuntamenti: Pompei, Scampia, piazza del Plebiscito, il carcere di Poggioreale, il Duomo, la Chiesa del Gesù nuovo dove riposano le spoglie del medico Santo, Giuseppe Moscati e il lungomare di via Caracciolo dove è stato accolto dai giovani della città. Francesco tutte le volte che ha impugnato un microfono lo ha utilizzato per menare fendenti non solo ai clan ma, anche ai politici corrotti e a quella parte della chiesa che vive nel lusso. Insomma, sempre sorridente e carezzevole con i poveri, i malati e i disagiati di Napoli, duro con i potenti e con i sacerdoti e le suore che non osservano lo spirito di povertà della chiesa.
«Ai criminali e a tutti i loro complici oggi io umilmente come fratello, ripeto: convertitevi all'amore e alla giustizia, lasciatevi trovare dalla misericordia di Dio». Sulle preziose orme di Papa Giovanni Paolo secondo, anche Papa Francesco scaglia il suo anatema contro i mafiosi. Lo fa da Piazza del Plebiscito, centomila anime ma, in oltre cinquecentomila lo hanno accompagnato durante tutti i suoi spostamenti.
Nel Duomo, dove ha tenuto a «rapporto» il clero, Francesco ha picchiato giù duro. «Nella diocesi che avevo prima c'era un collegio di suore, brave suore, ma la casa dove abitavano era un po' vecchio. E l'hanno rifatto bene, troppo bene, anche lussuoso. Ci hanno messo in ogni stanza un televisore. E all'ora della telenovela tu non trovavi una suora in collegio». Poi, rivolgendosi ai preti, il Papa ha raccomandato loro lo «spirito di povertà anche per i sacerdoti, che non hanno voto di povertà. Quando nella Chiesa entra l'affarismo, sia nei sacerdoti che nei religiosi, è brutto». E, qualche tonaca tra i sacerdoti presenti ha svolazzato anche senza spifferi. E, quando il Sangue del Santo Patrono Gennaro si è sciolto a metà (prodigio non previsto a marzo) il Papa ha richiamato i presenti dicendo loro che «il Santo ci vuole bene a metà, dobbiamo convertirci un po' tutti perché ci voglia più bene».
Gioioso quando dalla navata alla sua sinistra sono corse ad abbracciarlo le suore di clausura. Una di esse gli ha consegnato una grande scatola colorata contenente un dono. E, l'arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, in dialetto napoletano: «E meno male che sono suore di clausura, senno che cosa succedeva?».
Dieci ore dopo la sua visita napoletana, Francesco a bordo della sua Papamobile ha lasciato la città. Nel cuore dei napoletani, restano le sue parole di incoraggiamento. «Non fatevi rubare la speranza». Ma, la città è ripiombata nel buio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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