E se alla fine le destre europee fossero addirittura quattro? Lo scenario è tanto inatteso, quanto plausibile. A testimonianza di come queste elezioni europee abbiano modificato la geografia del Parlamento di Strasburgo. Certo, per il via libera al presidente della Commissione Ue - uno dei pochissimi voti a scrutinio segreto - all'Eurocamera si dovrà comunque partire dalla cosiddetta «maggioranza Ursula» tra Ppe, S&D e Renew. Ma con numeri diversi e un Parlamento mai così a destra.
Un quadro chiaro lo si avrà solo il 4 luglio, quando scade il termine per la formalizzazione dei gruppi parlamentari. Ma il trend è evidente: guadagnano seggi i popolari del Ppe (188 contro i 180 del 2019), arretrano leggermente i socialisti di S&D (136 contro 140) e crollano i liberali di Renew (74 contro 108). Cresce, invece, tutta l'area di destra, che nella scorsa legislatura faceva capo a due famiglie politiche, i conservatori di Ecr guidati da Giorgia Meloni e i sovranisti di Identità e democrazia (dove milita Rn di Marine Le Pen e la Lega di Matteo Salvini). I primi sono passati da 62 a 82 seggi, scavalcando Renew e diventando la terza forza dell'Eurocamera. E ancora lavorano su nuovi ingressi. Mercoledì mattina a Bruxelles è in programma una riunione del gruppo Ecr e potrebbero essere annunciati uno o due nuovi innesti (gli irlandesi del Rural indipendt group). I secondi hanno guadagnato anche loro (da 60 a 64 deputati), nonostante l'espulsione dei cripto nazista di Alternative für Deutschland. Ma non ci sono solo Ecr e Id, perché i cosiddetti «non iscritti» sono al momento 76 e sono in corso trattative serrate per la costituzione non di uno, ma di altri due gruppi di ultra-destra. Il primo farebbe capo al premier ungherese Viktor Orbán, il secondo sarebbe invece trainato proprio da Afd.
Insomma, mentre i negoziatori di Ppe, S&D e Renew sono alle prese con la trattativa sui quattro posti di vertice delle istituzioni comunitarie (presidenza di Commissione, Consiglio, Parlamento e Alto rappresentante per gli Affari esteri) con l'obiettivo di chiudere per il Consiglio europeo in programma giovedì e venerdì, la destra si sta riorganizzando. Per costituire un nuovo gruppo servono almeno 25 deputati che provengano da sette stati membri) e Orbán punta a unire il suo Fidesz (11 seggi) con i cechi di Ano 2011 (7) dell'ex premier Andrej Babis, gli slovacchi di Smer (5) del primo ministro Robert Fico e gli sloveni di Sds (4). Più varie ed eventuali da pescare tra i «non iscritti». Se l'operazione va in porto, sarebbe un gruppo concentrato geograficamente sul versante est e con posizioni fortemente critiche sull'Ucraina se non filo russe (Orbán e Fico in particolare).
Ancora più a destra, racconta il settimanale Der Spiegel, si starebbe muovendo per creare un gruppo autonomo anche Afd (15 seggi). Che guarda ai sei polacchi di ultra destra di Konfederacja, ai tre spagnoli di Se Acabó La Fiesta, ai due romeni di Sos, ai due slovacchi di Hnutie Republika, al greco di Nikh e all'ungherese di Mi Hazánk.
Così fosse, la destra europea sarebbe rappresentata da quattro gruppi. E sarebbe sempre più difficile per Emmanuel Macron e Olaf Scholz continuare con la conventio ad excludendum verso Ecr, che avrebbe alla sua destra altri tre gruppi di ultra-destra.
Con Meloni che potrebbe ritagliarsi il ruolo di ufficiale di collegamento tra il Ppe e quell'area di «impresentabili». E chissà se nell'incontro che la premier ha in programma domani con Orbán a Palazzo Chigi non si parli anche di questo.
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