Pasticcio-ispettori a Palermo Salvini: "Non li ho mandati io"

I dipendenti comunali diffondono la notizia della Digos all'anagrafe. La questura e poi il ministro smentiscono

Pasticcio-ispettori a Palermo Salvini: "Non li ho mandati io"

Galvanizzato dalla pugna, rinato dunque a una nuova vita di ritrovata celebrità, il sindaco di lungo corso Leoluca Orlando esce dalla messa e raggiunge la piazza che lo osanna. È quella davanti al municipio di Palermo, piazza Pretoria, gremita e fremente come piace al temprato «bastian contrario» della Dc che fu. Ogni frase è interrotta da applausi scroscianti di esponenti del terzo settore, associazioni (Legambiente, Anpi, Cgil) e studenti che partecipano al sit-in di sostegno. «I migranti sono persone, questo decreto prevede norme criminogene e disumane...», si esalta il sindaco. «So cosa rischio. Ma mi assumo la mia responsabilità. Ho sospeso l'applicazione di norme di esclusiva competenza comunale che potevano pregiudicare i diritti umani di persone e adesso adirò all'autorità giudiziaria perché possa essere rimessa la questione alla Consulta che giudicherà la legittimità di queste norme che hanno un sapore disumano perché trasformano in illegali coloro che sono legali... Il nervosismo e gli insulti sono di chi non ha argomentazioni...».

Ma il nervosismo che Orlando attribuisce al ministro Salvini ormai serpeggia anche in città. Il capogruppo leghista in Consiglio comunale, Igor Gerarda, ex grillino ed ex ispettore di Ps, prova ad anticipare i tempi e di sua iniziativa s'informa presso i dipendenti dell'anagrafe. Li invita pubblicamente a non disobbedire alla legge. Ne nasce un «giallo», perché i dipendenti chiamano immediatamente la locale sede dell'Ansa, che dirama un dispaccio dal quale sembrerebbe che la Digos si sia presentata negli uffici comunali. «Hanno chiesto - testimoniano gli impiegati - cosa accade sulla regolarizzazione delle posizione di un richiedente asilo e quali sono le procedure che stiamo seguendo». La circolare di sospensione del «dl sicurezza» è del 21 dicembre, ma agli uffici è stata protocollata 2 gennaio. Le prime dieci richieste di residenza da parte di extracomunitari, pervenute a inizio anno, per ora sono state rimandate a fine mese.

Intanto però è già scoppiato il putiferio, perché non si sa chi e a quale titolo si sia recato all'anagrafe palermitana a chiedere conto. La questura smentisce; smentisce il prefetto e persino il ministro Salvini, che garantirà nel tardo pomeriggio di non voler inviare ispettori neppure in futuro: «I sindaci ne risponderanno ai loro cittadini». Il ministro va dritto per la sua strada e attacca ancora in tivù «l'incapacità di dieci sindaci che non hanno letto il decreto e, non essendo in grado di applicarlo fanno polemiche a gratis. Scelgano loro se dimettersi, io non li obbligo». Anche nei confronti dello scrittore Roberto Saviano, che lo attacca ferocemente - «Smetti di fare il pagliaccio sulla pelle delle persone. Apri i porti.

Basta con questa becera propaganda, basta fare campagna elettorale sulla pelle degli ultimi!» -, Salvini evita di cadere nel tranello della rissa verbale: «Le polemiche di sindaci o di pseudo-scrittori - dirà - che non capiscono quello che leggono non mi toccano... passo il mio tempo a lavorare, non a polemizzare». Mediazione di Conte o no, il braccio di ferro continuerà. A lungo.

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