Il Pd archivia Renzi con il sorpasso al M5s "Ora siamo in campo"

Zingaretti festeggia: inizia una nuova stagione di bipolarismo, siamo l'alternativa a Salvini

Il Pd archivia Renzi con il sorpasso al M5s "Ora siamo in campo"

I l sorpasso sui Cinque stelle, quello che a leggere i sondaggi delle ultime settimane sembrava un sogno irraggiungibile, c'è. Ed è abbastanza per far scoppiare l'entusiasmo, quando alle 23 le tv danno i primi exit poll e nella stanza di Nicola Zingaretti al Nazareno il segretario del Pd esulta, insieme all'ex premier Paolo Gentiloni, al responsabile esteri Enzo Amendola, alla parlamentare Lia Quartapelle. Il secondo obiettivo zingarettiano, però, sembra vacillare con l'inizio delle proiezioni: il risultato del Pd oscilla tra il 21% e quella soglia psicologica del 22% che il nuovo leader si era dato per poter cantare vittoria.

Zingaretti aspetta fino a dopo l'una di notte per scendere in sala stampa e commentare un risultato già più stabilizzato. E si dice «molto soddisfatto» della «scelta vincente» fatta con la lista unitaria Dem: «C'è una grande novità politica - spiega - il bipolarismo italiano torna ad essere centrato sulla presenza del Pd». Non è più monopolizzato dalla gara amorosa tra i due partiti populisti italiani, uno dei quali - quello della Casaleggio, di Di Maio e del traballante premier Conte - ha preso una batosta. Zingaretti si prende dunque il volante della competizione: «Per noi la sfida ora è quella di costruire un'alternativa a Salvini, che esce come vero leader di un governo immobile e pericoloso». E per Salvini, fuori dai confini patri, le cose non vanno per nulla bene, sottolinea: «L'aggressione sovranista è fallita, in Parlamento c'è una forte maggioranza europeista e i populisti sono ai margini».

Il successo del sorpasso sui grillini, però, è quello su cui ci si concentra nella notte al Nazareno: il Pd si impone come secondo partito dopo la Lega, e questo è un risultato rassicurante per Zingaretti, che rafforza la sua posizione nel partito, allontana le ipotesi di scissione, e che può - dicono i suoi - rendere nuovamente «attrattivo» il Pd, come perno di una possibile coalizione. Certo, la soglia del 40% che può rendere vincente uno schieramento alle elezioni nazionali resta assai lontana, e non saranno sicuramente le frattaglie della sinistra extra-Pd, o il contributo di Più Europa a renderlo raggiungibile. Le elezioni «si vincono al centro», ha ammonito l'ex leader Matteo Renzi, e anche Zingaretti pensa che la costruzione di una «gamba» centrista sia necessaria. Ma questo è un problema del futuro, come quello dell'avanzata leghista nelle regioni rosse: ieri sera, al Nazareno, si è festeggiato. «Un anno fa tra noi e i Cinque stelle c'erano molto più di dieci punti di distanza, stasera si discute se siamo avanti noi o loro. Il bipolarismo tra populisti è superato», sottolinea il vicesegretario Andrea Orlando. L'allusione alla sconfitta renziana dell'anno scorso è tutt'altro che casuale: per molti zingarettiani il risultato ha innanzitutto un valore interno, una sorta di vendetta postuma degli ex Pci contro il leader che ha provato a scalzarne l'eterna egemonia.

Zingaretti ha atteso il voto con silenziosa prudenza: l'ultimo appello agli elettori via Twitter: «Cambiamo l'Europa, salviamo l'Italia!». Il voto nella scuola del quartiere dove è cresciuto, un caffè con pasticcini nel solito bar di Piazza Mazzini. Poi si è chiuso in casa staccando le comunicazioni, collegandosi solo saltuariamente, via whatsapp, con il suo staff.

«Se superiamo il 22% si riapre la partita della coalizione, e

si allontana la scissione», ragionavano gli stretti collaboratori del segretario. I renziani tengono però a sottolineare la «lealtà» con cui hanno fatto campagna elettorale per il partito, oltre che per i «loro» candidati.

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