
In piazza a Roma per sostenere l'Ucraina non si fa vedere neppure in cartolina. A Kiev, dove accorrono al fianco di Zelensky, nel terzo anniversario della brutale invasione imperialista russa, tutti i principali rappresentanti della sinistra europea e atlantica, lei non c'è. E non manda neppure la foglia di fico di una «delegazione»: c'è solo la dem Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo e combattiva e autonoma animatrice della minoranza Pd, da sempre a fianco dell'Ucraina.
La segretaria del Pd Elly Schlein appare sempre più lontana e isolata rispetto a quelli che dovrebbero essere i suoi alleati e partner politici naturali. Non c'è più Biden e la leadership democratica in Usa, non c'è più Scholz in Germania. Ma ieri, a Kiev, c'erano lo spagnolo Sanchez e il portoghese Costa, c'erano il francese Glucksman e il canadese Trudeau. Mentre Starmer, da Londra (e con il pieno appoggio dell'opposizione conservatrice) pronunciava parole inequivocabili: aumentare il sostegno militare all'Ucraina, inasprire le sanzioni contro la Russia, pronti a mandare soldati inglesi sul campo per garantire la pace da nuove aggressioni russe. Perché «Europe is at stake», è in gioco la sopravvivenza delle democrazie europee. Un'Europa di cui il Regno Unito torna, dopo il caos suicida della Brexit, ad essere pieno protagonista. Elly invece non va, non parla, non mostra di condividere nessuno di questi chiari messaggi. «Si sta staccando dal resto della sinistra europea. E lo fa per scelta: per lei è una ragione di distinzione», dice un dirigente Pd, allarmato dalla progressiva deriva isolazionista del partito, che già in più occasioni, al Parlamento europeo, ha votato con le estreme rossobrune contro il Pse, spaccandosi. La ragione? «La sua priorità non è la pace per l'Ucraina, ma quella nel campo largo. I suoi interlocutori non sono i leader di governo e opposizione del Pse ma Conte, Bonelli e Fratoianni», gli unici che - nella sua agenda di priorità - possono garantirle i numeri per andare un giorno a Palazzo Chigi. E che sono esplicitamente anti-Ucraina.
Per cavarsi d'impaccio e dire qualcosa, Schlein si fa consigliare da Matteo Renzi e rilancia un'antica proposta dell'ex premier: «L'Europa deve dare un mandato chiaro a una figura istituzionale europea che si sieda al tavolo delle trattative» sull'Ucraina. Ma senza pagare alcun prezzo: niente «riarmo dei singoli Stati», solo una mitologica «difesa comune europea».
Ai suoi ripete che «un conto è la politica estera e un altro conto sono le alleanze». Come se la politica «estera», in tempi come questi, non fosse l'unico minimo comun denominatore di qualsiasi alleanza che si propone per un governo della Ue. «Sulla politica estera», avverte il riformista Pd Alessandro Alfieri, «si esprime un sistema valoriale.
Se si legittima l'aggressione di Putin e si mette in discussione il diritto delle democrazie di rispondere (come fa Conte, ndr), il Pd non può star zitto». Giovedì la questione sarà sul tavolo della direzione dem. Ma Elly tiene i cordoni della borsa e delle candidature - come Musk nel Gop, si parva licet etc - e questo avrà il suo peso.
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