Dal "pelo nell'uovo" alle luci della ribalta. La terza vita di Amato, eterno "dottor Sottile"

Il neo presidente della Corte costituzionale torna in scena con uno stile innovativo: motiva le sentenze in tv e bacchetta gli errori dei promotori

Dal "pelo nell'uovo" alle luci della ribalta. La terza vita di Amato, eterno "dottor Sottile"

A l centro della scena c'è di nuovo lui, Giuliano Amato. Stavolta come neopresidente della Corte costituzionale, che approva alcuni referendum e ne boccia altri. È la sua terza vita, dopo quella del socialista «Dottor Sottile», consigliere di Bettino Craxi e quella del due volte di presidente del Consiglio, anche della sinistra, e due volte ministro.

Fino a poche settimane fa era nella rosa ufficiosa dei candidati al Colle e, appena salito al vertice della Consulta, ha fatto una dichiarazione sorprendente: «Dobbiamo impegnarci al massimo per consentire, il più possibile il voto popolare. È banale dirlo, ma i referendum sono una cosa molto seria e perciò bisogna evitare di cercare a ogni costo il pelo nell'uovo per buttarli nel cestino».

Amato, 83 anni ed esperienza da vendere, di banalità ne dice ben poche e le sue parole erano certo dosate. C'è chi vi ha letto una «spinta» ai referendum, che avrebbe lasciato «sbalorditi» alcuni colleghi, chi un mettere le mani avanti per possibili bocciature. Per i più è stata una svolta comunicativa non da poco, rispetto al tradizionale aplomb della Corte.

Poi, martedì, è arrivato il no al quesito sull'omicidio del consenziente e i più ottimisti hanno dubitato che la via fosse in discesa per gli altri. Ma quel discorso sul «pelo nell'uovo» sembrava dire: se c'è una bocciatura non è per aspetti marginali. «Tutti tra noi l'hanno capito, non intendevo una scelta politica», spiega. Altra novità: ben prima del deposito della sentenza la Consulta anticipa il succo della motivazione, un no necessario alla «tutela della vita». Marco Cappato, tra i promotori, attacca: «Amato, personaggio istituzionale di grandissimo livello è anche una personalità politica. E questa è una decisione anche molto politica». Nel frattempo passano i primi 4 quesiti sulla giustizia e poi quello del voto degli sulla professionalità dei magistrati, mentre vengono bocciati quelli su responsabilità diretta delle toghe e droga.

È spiegando le decisioni della Corte ai giornalisti che Amato ritorna il «Dottor Sottile», inaugurando uno stile più attento a spiegare le sentenze e bacchettando promotori e media che avrebbero presentato i quesiti in modo inesatto. Il primo bocciato, sottolinea, «non è sull'eutanasia ma sull'omicidio del consenziente», ben diverso. «Noi tutti - dice - abbiamo ben presente il problema del parlamento che non interviene su certi temi e induce a cercare strumenti per risolverli, ma non possiamo intervenire in ogni caso. Si è parlato di eutanasia è omicidio del consenziente e aprirebbe un ampio campo di impunità. Non siamo insensibili ai casi dolorosi di cui si parla e sappiamo che, probabilmente, un referendum raccoglierebbe tanti sì col pensiero a queste persone ma poi avremmo casi diversi: magari un ragazzo decide di farla finita e, in una sera in cui tutti si è bevuto, trova un altro che l'aiuta. Ci vuole una legge, anche per non contravvenire ad obblighi internazionali».

Il quesito sulla droga lo smonta clamorosamente. «È inammissibile perché non riguarda la depenalizzazione della coltivazione della cannabis, ma rimanda a tabelle della legge sulle sostanze stupefacenti che includono coca, papavero, droghe pesanti non cannabis e non tocca altre norme che prevedono reati per questi casi». Altra correzione: «Il quesito passato non riguarda la separazione delle carriere, che rimane unica per la magistratura, ma il passaggio delle funzioni che non potrebbe esserci e rimarrebbe la scelta iniziale». Infine, Amato spiega il no al quesito sulla responsabilità civile diretta delle toghe perché «più che abrogativo è innovativo, visto che la regola è sempre stata la responsabilità indiretta: si cita lo Stato che poi si rivale sui magistrati».

Sulla poltrona di Amato all'Alta Corte fino al 2020 c'era Marta Cartabia,

Guardasigilli che firma la riforma in Parlamento. È con i suoi emendamenti al testo Bonafede che i referendum sulla giustizia approvati si confronteranno. Per imporre una riforma più radicale, dall'impronta di centrodestra.

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