Il peso di Draghi sulla giustizia "Con la riforma avremo magistrati più terzi e credibili"

Il premier sferza i giudici, invita le Camere ad approvare "con prontezza". il testo Cartabia e guarda ai referendum per un segnale. Renzi freddo: norme inutili, scritte dalle toghe. Giorgetti: senza quorum perderebbe il Paese.

Il peso di Draghi sulla giustizia "Con la riforma avremo magistrati più terzi  e credibili"

«Alla magistratura serve una riforma che le restituisca terzietà e credibilità». Chi pensava che Mario Draghi si sarebbe chiamato fuori dallo scannatoio giustizia è rimasto deluso. Incassato l'accordo di maggioranza su balneari e fisco, il premier spinge sull'acceleratore delle riforme, necessarie per portare a casa il Pnrr, e scrive una lettera all'Università di Padova che suona come una requisitoria contro le toghe, dilaniate dai referendum che potrebbero accelerare la separazione delle carriere. Non a caso parla di «terzietà» dei giudici, come a sancire che per troppo tempo le porte girevoli tra magistratura inquirente e giudicante, vorticosamente manipolate dalle correnti, hanno deciso carriere e processi, in una spirale distorta scoperchiata dall'ex leader dell'Anm Luca Palamara.

Il governo si aspetta un segnale dal referendum del 12 giugno, che dovrebbe cambiare la valutazione dei giudici, modificando anche la legge elettorale del Csm per limitarne le correnti, mentre l'iter della riforma Cartabia, già incardinata in Parlamento dopo il sì della Camera e che Draghi auspica «possa essere completata con prontezza», si dovrebbe rimettere in moto qualche giorno dopo la chiusura delle urne per essere approvata in tempi brevi così com'è uscita da Montecitorio, almeno questo è l'auspicio di Palazzo Chigi. Lunedì prossimo si riunirà la conferenza dei capigruppo al Senato che dovrebbe confermare la calendarizzazione della riforma del Csm per il 14 giugno. Sulla misura pesano gli esiti referendari ma anche i 60 emendamenti della Lega e gli 86 di Italia viva e soprattutto i 92 di Fratelli d'Italia, che voterà tre sì «su riforma del Csm, equa valutazione dei giudici e separazione delle carriere» e due no (abolizione della legge Severino e limiti alle misure cautelari).

Italia viva va verso l'astensione in aula. Freddino Matteo Renzi, per cui la riforma Cartabia è «più inutile che dannosa» perché non risolve il problema: «Avrei dovuto fare di più ma nell'ufficio del ministero della Giustizia - spiega l'ex premier - ci sono magistrati che detengono il potere, che decidono, e scrivono fisicamente le leggi. Quando approvammo la responsabilità civile dei magistrati (quesito escluso dal referendum assieme a eutanasia e cannabis, ndr), la misura fu vissuta come una ferita», ha sottolineato. Ma «le correnti sono state più forti di me».

Il Pd come da tradizione si presenta spaccato all'appuntamento referendario. Ai «cinque No come scelta migliore» dell'ex governatrice Debora Serracchiani rispondono i Dem con «tre sì ai quesiti per sostenere la riforma Cartabia» come Fdi, dice la corrente democrat guidata da Enrico Morando, presidente di Libertà Eguale, che assieme al giornalista de Linkiesta Mario Lavia e all'avvocato Ada Lucia De Cesaris fanno appello all'informazione («La Rai non ha fatto nulla», dice) perché aiuti la comprensione dei quesiti, soprattutto quello sulla separazione delle funzioni, prevista anche dalla riforma. «La legge Cartabia riduce la possibilità di passaggio da una funzione all'altra da 4 a 1. Il Sì la ridurrebbe a zero», spiega Morando. Per il costituzionalista Alfonso Celotto il rischio è che i referendum sulla giustizia non raggiungano il quorum. Ma al netto dell'affluenza, ragiona il capogruppo Pd in Affari costituzionali Stefano Ceccanti, il numero dei Sì sarebbe importante, dal punto di vista politico.

«I referendum completano la riforma Cartabia così come migliorata, voteremo sì, ma bisogna che ne se parli un po' di più. Dopo la riforma Cartabia bisogna andare avanti per una giustizia più giusta», spiega il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani. «C'è un silenzio singolare», è l'opinione del presidente emerito della Corte costituzionale, Giovanni Maria Flick. Secondo il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, invece, «se il referendum sulla giustizia non andasse a buon fine, non sarebbe un fallimento per la Lega», che sul referendum è andata all in con mille gazebo nei prossimi due fine settimana (oggi e domani e 4-5 giugno) «ma per il sistema Paese». Oggi intanto l'Anm si riunirà per le sue valutazioni sullo sciopero flop dello 16 maggio scorso e sulla riforma.

La sensazione è che la magistratura rivendichi ancora una volta la propria innocenza rispetto ai disastri del sistema giustizia - dalle assoluzioni per Mps ai pasticci emersi nelle indagini su David Rossi, tanto per citare due casi recenti - e che accusi la politica di una qualche volontà di vendetta. Ennesimo segno che una riforma, o per via parlamentare o attraverso lo strumento referendario, è comunque ineluttabile.

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