Petrocelli provoca il Palazzo: viva la Palestina. Ma per "dimetterlo" va cambiato il regolamento

I tempi si allungano. E la Casellati prova a convincere "Petrov" a lasciare

Petrocelli provoca il Palazzo: viva la Palestina. Ma per "dimetterlo" va cambiato il regolamento

Dimissioni di massa, trasferimento ad altra commissione, modifica del Regolamento del Senato per permettere la rimozione di Vito Petrocelli dalla presidenza della commissione Esteri. Infine una moral suasion da parte della presidente di Palazzo Madama Maria Elisabetta Alberti Casellati che convinca il senatore filo-Putin alle dimissioni di sua spontanea volontà. Sono tutte strette le strade che potrebbero portare alla risoluzione del caso-Petrocelli, il presidente della commissione Esteri che ha provocato un fiume di indignazione bipartisan per le sue posizioni vicine alla Russia. Da ultimo, il tweet sulla festa della Liberazione, scritto con la Z maiuscola, divenuta simbolo dell'invasione di Mosca ai danni dell'Ucraina. E ancora ieri, un altro cinguettio: «Viva la Palestina!», interpretato come l'ennesima provocazione anti-occidentale.

Tutte ipotesi sul tavolo della Giunta per il regolamento del Senato, che si è riunita ieri nel tardo pomeriggio. Ma dal vertice non è arrivata nessuna svolta, sebbene sia stato avviato un confronto per uscire dallo stallo. «Si avvia la discussione e comunque la soluzione non può darla la giunta - spiega un senatore membro dell'organismo -. La giunta può dire cosa a termini di regolamento è legittimo o non è legittimo fare. Stabilito questo, il cosa si fa lo decidono gli organi politici che ne hanno titolo».

L'ipotesi della sostituzione di Petrocelli da parte della capogruppo del M5s Mariolina Castellone è stata già esclusa dalla stessa presidente dei senatori pentastellati. Una modifica del regolamento del Senato, invece, potrebbe richiedere tempi non brevissimi e dovrebbe essere votata dall'Aula a maggioranza assoluta dopo un esame della Giunta per il regolamento. Tutto rinviato al 3 maggio, alle 16.

Restano in piedi gli scenari più radicali, ovvero la «paralisi» dei lavori della commissione e le dimissioni di massa di tutti i membri. Su questi punti sta spingendo in particolare il Pd, ma restano titubanti alcuni componenti del parlamentino di Palazzo Madama che si occupa di Esteri. La Lega attende indicazioni dalla Giunta, che però si occupa solo di questioni «tecniche e non politiche», come viene sottolineato da diversi senatori. Anche Fratelli d'Italia, con il capogruppo Luca Ciriani, chiede «un gesto responsabile» a Petrocelli, invitandolo a dimettersi. Dimissioni chieste anche dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio e dal senatore ex Pd Tommaso Cerno.

Ma «Petrov» sembra irremovibile. «Ho le stesse posizioni dal 2018, mi fa soltanto male il silenzio assordante di Beppe Grillo, vergognoso», twitta il senatore. Che dice di rifiutare il doppio binario occidentale su Palestina e Ucraina e auspica «il pieno riconoscimento dello Stato di Palestina».

Intanto il M5s ha cambiato il regolamento del gruppo al Senato per cacciare Petrocelli dal gruppo parlamentare, ma il varo del nuovo documento potrebbe comportare una finestra temporale di cinque giorni per l'entrata in vigore.E l'avvocato di alcuni espulsi Daniele Granara dice: «Sono pronto a difendere Petrocelli, la sua cacciata è incostituzionale».

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