Lugansk. Speranza e paura. Sono i due sentimenti che oggi dominano questa piazza. Due passioni che qui convivono e confliggono facendo capolino tra i canti, gli applausi e lo sventolio dei tricolori bianchi, rossi e blu della Federazione Russa. Siamo nella Piazza del Teatro di Lugansk, capoluogo dell'omonima repubblica indipendentista del Donbass. Tra gli alberi allineati lungo questo rettangolo di asfalto incorniciato dai palazzi di governo s'è data appuntamento una piccola folla. Non è una massa oceanica. Gli uomini saranno qualche centinaio al massimo. La maggior parte degli assenti è in caserma o al fronte. Quelli presentatisi per ascoltare il discorso del presidente sono pensionati, studenti, poliziotti e congedati. La parte del leone spetta dunque alle donne. Sono loro a riempire Piazza del Teatro, a sventolare i tricolori, a intonare l'inno della Russia e a interpretare i sentimenti di questa repubblica indipendentista davanti a un Vladimir Putin pronto, dall'alto del megaschermo, a evocare «destini comuni e una storia millenaria».
Qui nei cuori di tutti prima della storia millenaria arriva, però quella recente. O meglio quella degli ultimi otto anni. Iniziò tutto nel 2014. Allora durante un primo fatidico referendum la stragrande maggioranza di questa regione scelse la strada della secessione dall'Ucraina e proclamò la propria indipendenza. Da quel momento in poi è iniziata una guerra che ha seminato sangue e morte in ogni famiglia. Una guerra che di certo non si concluderà con l'annessione alla Russia annunciata quest'oggi. Anzi con tutta probabilità il passaggio alla Federazione Russa, considerato illegittimo da gran parte della comunità internazionale, aprirà soltanto un nuovo capitolo di questa guerra. Un capitolo destinato a rivelarsi ancora più duro e sanguinoso.
La prima a saperlo è Anna Soroka. Da otto anni è alla testa di «Non scordare non perdonare» un'associazione di volontari che cerca i corpi dei filorussi uccisi dai gruppi estremisti ucraini e finiti nelle fosse comuni. Grazie a questo suo impegno è diventata vice ministro degli esteri e poi consigliere di Leonid Pasenik, il presidente della Repubblica di Lugansk. Anna è la prima a sapere che l'annessione guerra non metterà fine alle tragedie. «Il referendum e l'annessione hanno un'importanza psicologica e umanitaria. La mia gente attendeva questo momento da otto anni. Avevamo un disperato bisogno di una rassicurazione e Mosca ce l'ha data. Diventare parte della Federazione Russa rappresenta una garanzia per il futuro e la certezza di avere alle spalle una potenza capace di proteggerci. Ma lo sappiamo, la guerra non finirà domani. Anzi probabilmente si farà ancora più intensa perché né l'Ucraina né i suoi alleati occidentali rinunceranno ad annientarci. Anzi lo faranno con ancor più impegno per punire la nostra scelta di abbracciare Mosca».
Anche Svetlana, un'impiegata 28enne, è consapevole che da domani le cose potrebbero anche peggiorare. «La guerra qui la conosciamo tutti. Sappiamo bene che non finirà da un giorno all'altro, ma abbiamo fiducia nella Russia e in Putin. Il presidente nel suo discorso di oggi ci ha promesso un futuro comune e io ci credo. I miei genitori mi hanno sempre raccontato che lui 20 anni fa ha salvato la Russia e le ha restituito la dignità di grande potenza. Dunque è l'unico che oggi può salvarci e difenderci».
In questa piazza ben pochi danno credito alle parole di chi in Occidente descrive un esercito russo con le spalle al muro e incapace di imprimere una svolta al conflitto a causa della mancanza di uomini e armamenti. «Queste sono le bugie di voi occidentali - dichiara Igor uno studente 19enne in procinto di partire per il fronte - L'unico errore di Putin è stato quello di non intervenire subito con tutte la forze che aveva a disposizione.
Purtroppo nessuno s'aspettava che la Nato combattesse contro di noi, ma ora dopo il sabotaggio dei gasdotti è caduta anche l'ultima finzione. A questo punto la Russia non avrà più remore. E voi europei nelle prossime settimane sarete i primi a fare i conti con la potenza delle nostre armi».
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