«La guerra si sta spostando sempre più verso il territorio della Russia, e non può essere fermata». La frase postata su X da Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, fotografa una situazione che i fatti si incaricano di confermare. Nella notte tra martedì e ieri almeno dieci droni hanno attaccato l'aeroporto russo di Pskov, città non lontana dal confine con la Lettonia, danneggiando quattro aerei da trasporto strategico Ilyushin Il-76 e costringendo le truppe russe a spostare i rimanenti aerei da trasporto in altri scali.
Da settimane ormai i bollettini della guerra, giunta nel frattempo al giorno numero 554, riportano offensive di Kiev contro il territorio russo. Anche ieri, dopo la chiusura degli spazi aerei sopra gli aeroporti moscoviti di Domodedovo, Vnukovo e Sheremetyevoe di quello di Tula, non lontano dalla capitale per gli allarmi aerei, sono stati registrati abbattimenti di droni militari ucraini nei cieli degli oblast russi di Bryansk, Oryol, Ryazan e Kaluga ed esplosioni udite a Shebekino, nella regione di Belgorod. Minacce spesso sventate ma sempre più frequenti e vigorose. Gli alleati occidentali di Kiev non ne sono felici e Zelensky ne è consapevole: «Gli inviti a evitare qualsiasi attacco sul territorio legale della Russia appaiono strani e continuano a incoraggiare Mosca a continuare la sua aggressione», dice Podolyak, che giura che «l'Ucraina si attiene rigorosamente all'obbligo di non utilizzare le armi dei suoi partner per colpire il territorio russo». Quindi si tratterebbe di attacchi completamente autarchici. C'è da crederci?
La Russia è in difficoltà. L'intelligence britannica nel suo report quotidiano registra che «l'elevato tasso di condanne ai soldati russi che si rifiutano di combattere dimostra il cattivo stato del morale dell'esercito russo». E anche la brigata Wagner, malgrado l'alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell si dica convinto che «troverà presto un sostituto alla guida», sembra squagliarsi: i rappresentanti della società di mercenari avrebbero raccomandato ai propri combattenti di trovarsi un altro lavoro, temporaneo o permanente. «Ragazzi, la situazione è estremamente difficile. Non ci fanno entrare nell'operazione militare speciale».
Anche la Crimea si tinge sempre più di gialloblù. Ieri il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha dichiarato la conquista di Rabotino, località della regione di Zaporizhzhia, «dopo settimane di assalti», ciò che «aprirebbe la strada all'esercito ucraino verso Sud», anche se l'avanzata «è estremamente difficile» a causa del «numero di campi minati e di fortificazioni» che «è senza precedenti». La conquista di Rabotino viene però smentita dal governatore della parte controllata dai russi dell'oblast di Zaporizhzhia, Yevgeny Balitskya: «Qualunque cosa possano dire sui media i tutori occidentali dell'Ucraina non è vera, la prima linea non è stata penetrata».
Fonti Usa danno per certa la conclusione imminente di un accordo con la Corea del Nord per la fornitura di armi da Pyongyang a Mosca, che nelle prossime settimane riceverà migliaia di munizioni ed equipaggiamenti militari. «Il fatto che Vladimir Putin si rivolga a Kim Jong-un per nuove armi è un chiaro segno di debolezza», dice il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa, John Kirby. Intanto l'armata russa batte qualche colpo. La scorsa notte Kiev ha dovuto vivere «il peggior attacco dalla scorsa primavera», come hanno riferito ieri mattina le autorità militari locali: due persone sono state uccise e altre tre ferite nel quartiere Shevchenkivskyi in seguito a un fittissimo lancio di missili e droni russi sulla capitale ucraina, gran parte dei quali sono stati fortunatamente distrutti dalle forze di difesa aerea.
Esplosioni anche nelle regioni ucraine di Dnipropetrovsk e Cherkasy e nelle oblast di Kharkiv, Vinnytsia, Sumy, Poltava, Chernihiv e Kirovohrad. Sul Mar Nero distrutte cinque navi militari veloci ucraine. Ma in questo caso è Kiev a smentire.
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