Il pizzino francese a monsieur Salvini (e non soltanto)

Il Front National è cresciuto anno dopo anno. Ma non è diventato il primo partito. Non ha perso, ma non ha neppure vinto. E in politica il pareggio non paga

Il pizzino francese a monsieur Salvini (e non soltanto)

Siamo sicuri che Marine Le Pen sia la grande sconfitta delle elezioni francesi? Questa è la domanda che Matteo Salvini, pro domo sua, porta sul tavolo della politica italiana. Il suo ragionamento non è una scusa o una sfumatura. È uno sguardo laterale che rappresenta anche i rischi e le opportunità della Lega due punto zero.

Salvini dice: guardate i risultati del Front National dal 2012 al 2015, la crescita è inarrestabile. È passata dal 17,9% del 2012 al 20,81 di due anni dopo e ora è al 26,3. Questa si può chiamare sconfitta? Magari, sostiene Salvini, la Lega facesse la stessa strada del partito affine francese. È chiaro che il Matteo d'opposizione si specchia in questa storia. Va riconosciuto che Salvini ha preso un Carroccio quasi moribondo, abbandonato dai suoi stessi leader, a cominciare da Tosi. Un partito che tutti consideravano praticamente morto, squassato dagli scandali e difficile da resuscitare. La Lega come un marchio vecchio, da rottamare, paradossalmente quasi un fantasma della prima Repubblica. Di quella Lega controcorrente, capace di cavalcare Tangentopoli e spazzare via i partiti-chiesa e i laici in doppio petto, non era rimasto più nulla. Salvini la sua prima scommessa l'ha già vinta. Ha ridato peso politico al «cadavere», ritagliandogli un ruolo nel panorama frastagliato della destra. Riuscisse davvero ad imitare la Le Pen con percentuali sopra il 20 %, per Salvini sarebbe una legittimazione non da poco. Sarebbe in tutti i sensi l'anti Matteo del partito nazionale.

La situazione italiana non è però quella francese. La partita è più difficile. È per questo che Salvini non deve fare tesoro solo dei successi di Marine Le Pen ma guardare anche ai suoi limiti. È vero. Il Front National è cresciuto anno dopo anno. Ma, contrariamente alle aspettative, non è diventato il primo partito. Non ha perso, ma non ha neppure vinto. E in politica il pareggio non paga. Non conta. Se non riesci a diventare un punto di incontro, di aggregazione, di confronto, rischi inevitabilmente l'isolamento e i tuoi voti, per quanti possano essere, diventano ininfluenti. L'opposizione per l'opposizione a lungo andare diventa sterile. Salvini questo l'ha capito. Non è Grillo. Il suo tentativo di alleanza con Berlusconi non è solo un modo sicuro per riconquistare il Veneto, dove probabilmente vincerebbe comunque, ma rappresenta la prova della sua evoluzione politica.

L'aver capito che è il momento di andare oltre. Il problema non sono le accuse di populismo, Renzi lo è anche di più, con più cinismo e fubizia. La sfida è andare oltre la Lega restando però Lega. Essere oltre Salvini restando però Salvini.

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