Nelle stesse ore in cui sta per arrivare in consiglio dei ministri l'attesa riforma firmata Marta Cartabia, scoppia il bubbone sulle porte girevoli tra magistratura e politica. Dalla stretta prevista dal testo della Guardasigilli sulla possibilità di tornare a vestire la toga dopo un incarico elettivo, rimangono fuori quei magistrati che entrano in governi o giunte senza essersi candidati alle elezioni. Tecnici, di fatto alti burocrati che siedono nei ministeri all'ombra della politica, chiamati da ministri, scelti da politici in carica. Anche da Palazzo Chigi come si fa notare nel caso del sottosegretario alla presidenza del consiglio Roberto Garofoli, noto giudice amministrativo. Prima capo di gabinetto del ministero dell'Economia, tornato al Consiglio di Stato e poi chiamato da Draghi. Il Movimento cinque stelle ieri realizza il vulnus finora mai sollevato nei colloqui con Cartabia e chiede modifiche immediate. Si rifà al ddl dell'ex ministro grillino Alfonso Bonafede che voleva l'incompatibilità anche per i magistrati portati nei palazzi della politica. «Per noi non va assolutamente bene. Non esistono motivazioni giuridicamente e politicamente valide per queste esenzioni. Si tratterebbe solo di norme ad personam e ne abbiamo già avute abbastanza in passato», dice la responsabile Giustizia Giulia Sarti. Antonio Tajani annuncia che i ministri di Forza Italia «non potranno votare se non c'è un testo scritto che può essere esaminato e studiato in maniera approfondita. Per noi ci sono tre priorità. Primo punto, la separazione delle funzioni tra magistratura giudicante e magistratura inquirente: non possono esserci passaggi da una carriera all'altra dopo i primi 4-5 anni. Secondo, le porte girevoli: se un magistrato decide di fare politica a qualsiasi livello e viene eletto o fa il ministro o il sottosegretario, non può ritornare a fare il magistrato al termine del suo mandato. Terzo, la legge elettorale: preferiamo avere il sistema del sorteggio. Senza questi punti è difficile poter dare un sostegno». La Guardasigilli però il sorteggio lo aveva già escluso per sospetta incostituzionalità.
Enrico Costa (Azione) le chiama porte girevoli «ancora in movimento»: «Se un magistrato viene nominato Ministro (non parlamentare), se viene chiamato a fare il sottosegretario, se entra da esterno in una Giunta Regionale come braccio destro di un presidente di regione o assessore in una giunta comunale, addirittura, dopo un po' di purgatorio, può tornare a fare il pm o il giudice.
Si pensi poi a quegli incarichi fiduciari, di diretta collaborazione, come i capi di gabinetto e i capi degli uffici legislativi nei ministeri o nelle Regioni. Vengono scelti dal politico di turno, vanno fuori ruolo per il periodo del mandato, poi tornano serenamente nei tribunali».
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