Gli impresentabili Pd? Promossi in parlamento

Ecco tutti gli "impresentabili" a cui è stato garantito il posto in parlamento

Gli impresentabili Pd? Promossi in parlamento

Roma - La vecchia vicenda dei democratici «scomodi», impresentabili per la Regione Lazio del dopo scandalo Fiorito eppure prontamente riciclati in Parlamento dal partito, è tornata d'attualità due giorni fa all'assemblea nazionale del Pd.

A rispolverarla ci ha pensato Cristiana Alicata, membro della direzione regionale del Pd Lazio, la giovane esponente dem sepolta dalle accuse di razzismo dopo aver denunciato la fila dei rom del campo di Salvatore Buzzi ai seggi delle primarie del centrosinistra per eleggere il candidato sindaco di Roma. La Alicata, tornando sulle censure già mosse al Pd romano per le quali era già finita nel mirino di molti dirigenti democratici, ha sfidato l'ex segretario Pier Luigi Bersani a spiegare il perché di quella scialuppa di salvataggio lanciata ai consiglieri regionali della consiliatura passata alla storia per la gestione allegra dei fondi politici e per l'inchiesta che ha travolto Franco Fiorito e Vincenzo Maruccio. Come mai - ha chiesto a Bersani Cristiana Alicata - quei consiglieri che non andavano bene per la Regione perché avevano votato l'aumento dei finanziamenti ai gruppi interni al Consiglio regionale (d'accordo con il Pdl e gli altri partiti della maggioranza) andavano invece bene per la Camera e il Senato?

La stessa domanda che si posero in molti nel 2013 quando si venne a sapere che i consiglieri regionali del partito di Bersani - che il candidato Pd alla presidenza del Lazio Nicola Zingaretti, sostenuto da buona parte del partito, aveva deciso di non ricandidare alla Pisana dopo che avevano partecipato con gli altri alla spartizione dei fondi regionali - erano stati promossi in Parlamento. In un paio di casi non loro direttamente, ma le loro mogli. Alla faccia della punizione. Così, mentre il Partito democratico chiedeva ai Radicali di non ricandidare i due consiglieri che avevano denunciato lo scandalo Fiorito, Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo, su quattordici consiglieri regionali del Pd cinque trovavano posto in lista per il Senato nel Lazio. Tra i promossi Bruno Astorre, Claudio Moscardelli, Francesco Scalia, Carlo Lucherini e Daniela Valentini. Alla Camera, invece, finiva Marco Di Stefano, oggi indagato per la presunta maxi-tangente da 1,8 milioni di euro che avrebbe ricevuto dai costruttori romani Pulcini. C'è poi chi non è stato ricandidato, ma ha trovato comunque soddisfazione «in famiglia». Prendiamo il caso del dalemiano Claudio Mancini, tagliato fuori dalle liste dopo aver votato a favore delle spese pazze di Fiorito&Co. Se lui è rimasto a casa, la sua compagna Fabrizia Giuliani è stata paracadutata nelle liste di Milano per la Camera in posizione di sicura eleggibilità.

Niente Parlamento anche per Esterino Montino, dirottato a fare il sindaco del Comune di Fiumicino mentre sua moglie Monica Cirinnà è stata candidata dal Pd al Senato. Il Pd escluse che si trattasse di un paracadute per i rottamati: gli ex consiglieri si erano sottoposti alle primarie.

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