La matita rotta di Elli. «Scusi, posso averne un'altra? - chiede vispa la segretaria del Pd al presidente del seggio - Così non funziona». Un presagio? Buono o cattivo, si vedrà. Le ciliegie di Giorgia. «A Danie', zitto - sorride la premier al fruttivendolo - che siamo in campagna elettorale». Com'è che si dice, una tira l'altra. E sì, sono di buon umore le due donne della politica italiana, a urne aperte diffondono ottimismo, consapevoli forse di aver raggiunto il loro obbiettivo. Punto più punto meno, la Meloni si appresta a confermare la sua egemonia nel centrodestra e a rafforzare il governo: neanche sommate Forza Italia e Lega raggiungono Fdi, e se la maggioranza ripete il 44 per cento del 2022, a Palazzo Chigi possono smettere di essere in ansia. Voto più voto meno, pure la Schlein sente di aver vinto la sua scommessa. Salvo sfracelli, superando il 20 per cento, nessuno al Nazareno avrà la forza e la voglia di farla fuori. E hai visto mai, se riesce a doppiare i Cinque Stelle, avrà pure conquistato il controllo totale dell'opposizione.
Dunque Giorgia contro Elli, anche nel futuro prossimo? Attenzione, c'è un però che invita gli osservatori alla prudenza, un fattore imprevedibile, cioè la partecipazione, che potrà annacquare numeri e condizionare giudizi. Si pronostica infatti una robusta astensione. Chi ne pagherà il dazio? La Lega, i grillini? Come devono essere ritarati gli obbiettivi? Meloni, che fino a qualche settimana fa sognava il trenta per cento, ora si accontenta di un 26-27 e non farà drammi per un 25. Una campagna molto personalizzata, un test sull'attività del governo, «ma non sarà un referendum», spiegano da FdI, nel senso che la navigazione della premier si preannuncia tranquilla, soprattutto se riuscirà a contenere gli alleati. I quali partner sono impegnati in un serrato derby sul filo del dieci per cento, quota psicologica di tutto rispetto per Antonio Tajani, che ha ereditato un partito che pareva in esaurimento e che invece sta portando a un possibile sorpasso sul Carroccio. Forza Italia presidia il lato moderato ed europeista, cercando di drenare consensi centristi. Matteo Salvini invece si è buttato a destra, con una campagna assai aggressiva e anti Ue, suscitando diversi malumori interni: il capitano ha arruolato il generale. Molti lo aspettano sulla riva del fiume, tuttavia, se l'operazione Vannacci riesce, può risultare determinante per la stabilità dell'esecutivo.
Sull'altro fronte Elli appare più sicura. I big del partito le hanno imposto la linea, l'hanno convinta a parlare di più di sanità, salari e lavoro e meno di diritti civili, però non sembrano intenzionati a sostituirla. Molto dipenderà dal risultato dei Cinque Stelle. Giuseppe Conte punta sul Sud e ai temi pacifisti e manettari per avvicinarsi a quel 15 per cento che gli darebbe un po' di respiro. Anche un dodici andrebbe di lusso, basta non perdere troppo il contatto con il Pd.
Al centro il solito duello rusticano tra Renzi e Calenda, entrambi con la speranza di superare la soglia di sbarramento del quattro per cento, che significa portare deputati nel Parlamento europeo e assicurarsi sopravvivenza politica sullo scenario nazionale.
L'ex premier è quello che si è mosso meglio, accasandosi con Emma Bonino, un'unione tra diversi. L'ex ministro invece prova la corsa in solitaria. E appesi alla soglia pure Santoro, De Luca e il duo Bonelli-Fratoianni, che contano sull'effetto Salis.
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