Il presidente è donna e Giorgia veste Armani

Una telefonata tra premier e stilista. Il "New York Times" ora ne elogia lo stile

Il presidente è donna e Giorgia veste Armani

Se il diavolo veste Prada Giorgia Meloni veste Armani. Lo dice tra le righe, ma non troppo, l'articolo pubblicato idal New York Times con la prestigiosa firma di Vanessa Friedmann. Elegante, sottilissima, una piccola crocchia di capelli rossi come unica nota vivace in uno stile volutamente anonimo, la critica di moda del più importante giornale del mondo è talmente precisa e severa che ci si chiede se abbia mai riso o addirittura sorriso. Di sicuro ha notato che la prima donna premier d'Italia è passata dalle improbabili giacche verde menta o rosa bubble gum sfoggiate durante la campagna elettorale agli impeccabili tailleur pantaloni di Armani. Puntigliosamente ha registrato che per il passaggio di consegne con Draghi era scuro tanto il completo quanto la camicia, per la prima foto ufficiale con la sua squadra di ministri la camicia era bianca, mentre per l'annuncio della legge sui rave come per la visita ufficiale a Bruxelles l'abito era blu navy e le bluse candide. Quello che Friedman definisce «power look» in realtà sarebbe un «comfort look» come quello adottato dalla premier finlandese Sanna Marin che lo scorso luglio, nel bel mezzo dell'estate più torrida della storia, si presentò da Draghi a Palazzo Chigi in maniche di camicia, pantaloni neri e ballerine. Anche la Meloni all'inizio ha sfoggiato scarpe basse modello Derby per poi optare per la classica decolletè a tacco alto che ad Armani piace fino a un certo punto con i pantaloni. In ogni caso dalla maison ammettono solo che la premier ha fatto shopping in totale autonomia nella boutique di Roma, anche se si mormora di un biglietto in cui lei ringrazia il più famoso stilista del mondo per l'attenzione e la cura con cui il suo staff l'ha seguita, cui sarebbe seguita la privatissima risposta di Armani con l'augurio di buon lavoro. Di questo il New York Times non parla, ma dice giustamente che Armani è il simbolo del made in Italy nel mondo e che la premier ha addirittura creato un ministero delle imprese e del Made in Italy. Poi torna sul concetto di power dress sostenendo che i tailleur pantaloni di Armani sono al femminile l'equivalente del completo manageriale maschile: una rassicurante divisa scura. Su questo ha ragione da vendere: gli uomini che hanno preceduto la prima premier donna in Italia avevano molte più fisime di lei sul guardaroba. Berlusconi, per esempio, si faceva fare le giacche doppiopetto dallo stesso sarto di Karl Lagerfeld e aveva un'autentica mania per le cravatte puntinate di Marinella. Monti rilanciò l'austero loden degli anni Settanta, mentre Renzi non è mai stato un campione di austerità con gli elegantissimi completi da giorno di Ermanno Scervino e i super lussuosi smoking di Stefano Ricci. Sulle pochette di Conte si è diviso il mondo della moda tra chi le trovava divine e chi ridicole. Per decifrare l'umore dell'impenetrabile Mario Draghi il Financial Times arrivò ad analizzare i disegni delle sue cravatte firmate Hermés e anche in questo concordiamo con i colleghi americani, perché la cravatta è una spia che stringe al collo e non a caso gli uomini, i titani della finanza, tipo Onassis ed Enrico Cuccia, oppure gli agenti segreti come James Bond, l'hanno sempre voluta in maglia di seta nera, la più anonima che ci sia.

Resta comunque da capire dove voleva parare la vecchia signora grigia (Così gli americani chiamano il NYT, the grey old lady) con questo articolo che termina citando la polemica nata nel 2017, quando Trump venne eletto presidente degli Stani Uniti e molti stilisti dichiararono che non avrebbero vestito la first Lady. Armani invece disse a WWD (Women's Wear Daily, il più importante quotidiano di moda del mondo) che il suo mestiere consiste nel vestire la gente e che questo non ha niente a che vedere con la politica.

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