Pressing respinto sulle riaperture: salta subito la cabina di regia

Le Regioni chiedono date certe e prospettive ma Palazzo Chigi frena: giovedì solo un vertice sul Recovery. Draghi: "Allentare i divieti? Speriamo". Salvini: "L'ideologia vede solo rosso"

Pressing respinto sulle riaperture: salta subito la cabina di regia

Gli occhi al cielo, un'alzata di spalle, un sussurro: «Speriamo». Insomma una parola sola, di otto lettere, quasi estorta, pronunciata da Mario Draghi a Città della Pieve mentre entrava nella cattedrale per la messa di Pasqua. Poco più di un bisbiglio, un fruscio, ma è abbastanza per ridare fiato alle speranze di Matteo Salvini, che vuole «riaprire l'Italia e tornare alla vita fin da aprile», e per far ripartire il pressing delle Regioni. Si parla per tutto il giorno di una cabina di regia per fare il punto della situazione, di un vertice politico per aggiornare il quadro, però in serata Palazzo Chigi smentisce: nessun incontro in agenda. L'unico confronto previsto è quello di giovedì con i governatori sul Recovery plan, dove magari si parlerà anche delle misure. «Chiederemo di considerare la possibilità, in caso di miglioramento dei dati, di far ripartire alcune attività oggi ferme».

Dunque «speriamo» e «valuteremo», questa la linea del governo. Il premier ha spiegato che deciderà seguendo i consigli degli esperti e non gli umori del momento, tanto meno le pressioni politiche. Però sa pure di trovarsi nel mese cruciale, stretto tra l'esigenza di proteggere gli italiani, lo stato dell'economia e la condizione psicologica di un popolo stremato. «Sono consapevole del fatto che la comunità nazionale è provata». Quindi, aspettando buone notizie dal grafico della pandemia e lavorando per aumentare la capacità vaccinale, Draghi si prepara alla «possibilità» di allentare la morsa, dati permettendo.

Bar, ristoranti, negozi, e poi parrucchieri e centri estetici, Ma pure cinema, teatri, musei, palestre. La cabina di regia dovrebbe «valutare la programmazione di possibili riaperture di alcune attività» nelle zone dove il Covid si fa meno sentire, a partire dal 20 aprile. Però è tutto in alto mare, «prematuro», dicono a Palazzo Chigi, dove in serata frenano e smontano il tam tam di Montecitorio per un incontro già domani. «La cabina di regia non è stata convocata e non sono state stabilite date. Il quadro epidemiologico è costantemente monitorato. La valutazione della diffusione del contagio, delle misure e dei tempi verrà fatta sulla base dei dati elaborati da Iss e Regioni». Perciò niente fretta, se ne parlerà forse la settimana prossima. Prudenza. Prima di mollare, il governo vuole sentire il parere della scienza, verificare che la curva riprenda a scendere, controllare l'affollamento degli ospedali e dei reparti di terapia intensiva, e soprattutto far decollare il piano di immunizzazione di massa. Siamo a 280mila somministrazioni al giorno, serve di più. Se tutto andrà per il meglio, spiegano da Palazzo Chigi, ci vorrebbe comunque una delibera del Consiglio dei ministri per cominciare a far ripartire l'Italia: il decreto del 5 marzo infatti lascia l'intero territorio nazionale in fascia rossa o arancione fino a maggio. Certo, è previsto un tagliando e, «in ragione dell'andamento della pandemia, sono possibili determinazioni in deroga».

Salvini, che forse nei prossimi giorni vedrà Draghi, spinge molto in quella direzione. «Riaprire attività e tornare alla via in aprile, ovunque i dati medici lo permettano, è un obbiettivo della Lega e la speranza di milioni di italiani. Ascoltiamo la scienza, non l'ideologia che vede solo rosso». Le Regioni vogliono date certe e «prospettive». E Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia, chiede di accelerare sullo scostamento di bilancio.

«Le imprese aspettano ancora i sostegni di dicembre. Solo con un'iniezione rapida di liquidità, almeno 20 miliardi e ne servirebbero 30, si potrà evitare il collasso di intere categorie. Ma servono garanzie maggiori sui crediti e pace fiscale».

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