Uno scostamento di 40 miliardi per nuovi sostegni, «uno shock positivo di investimenti pubblici» con il Recovery Plan e il ritorno a un deficit/Pil al 3% al 2025 per non deprimere le possibilità di ripresa. Queste, in sintesi, le direttrici del Def approvato ieri dal Consiglio dei ministri.
Prima di entrare nel dettaglio, tuttavia, è necessario mettere in evidenza il quadro macroeconomico programmatico (cioè la misura degli effetti delle politiche del governo). Dopo la caduta dell'8,9% registrata nel 2020, il Pil dovrebbe segnare un +4,5% quest'anno e un +4,8% nel 2022, per poi crescere del 2,6% nel 2023 e dell'1,8% nel 2024. «Tassi di incremento mai sperimentati nell'ultimo decennio», sottolinea nella premessa della bozza del Def il ministro dell'Economia, Daniele Franco. Occorre, tuttavia, incrociare le dita perché, ove mai i vaccini avessero efficacia ridotta nei confronti delle varianti e si rendessero necessarie nuove restrizioni, il Pil tendenziale 2021 calerebbe al +2,7% per poi scendere a un +2,6% nel 2022. Includendo il nuovo decreto in preparazione il deficit/Pil 2021 dovrebbe salire all'11,8% dal 9,5% dell'anno scorso. Il rientro, come detto, sarà progressivo: 5,9% nel 2022, 4,3% nel 2022 e 3,4% nel 2024.
Per quanto riguarda il rapporto debito/Pil nel 2021 è atteso un aumento di 3,7 punti percentuali, al 159,8 per cento, mai così alto da cento anni. «Un graduale processo di riduzione comincerà dall'anno prossimo», si legge nella bozza, con una flessione al 156,3% e al 155% nel 2023. Come già previsto dal predecessore di Franco, Roberto Gualtieri, il ritorno ai valori del 2019 (134,6%) avverrà solo alla fine del decennio. Il tasso di disoccupazione salirà al 9,6% quest'anno (9,3% nel 2020) e scenderà al 9,2% nel 2022 (8,5% e 8% nei successivi due anni).
Per il momento, sperando sempre per il meglio, ci si concentrerà in primo luogo sulla stesura del nuovo decreto Sostegni. La metà dello scostamento (20 miliardi) sarà dedicata ai nuovi ristori per partite Iva e imprese così come una parte rilevante sarà dedicata a nuove misure di sollievo come i rinvii di imposta e le esenzioni. A questo si aggiungerà il nuovo fondo decennale per gli investimenti da 30 miliardi che si accompagnerà alle risorse del Recovery Fund portando il totale a circa 237 miliardi di euro. Gli effetti di queste azioni, analogamente a quelli delle riforme previste (fisco, pa, giustizia), si vedranno, però, nei prossimi anni e se ne auspica un effetto consistente sulla crescita.
Non si può, tuttavia, nascondere la parte meno entusiasmante dell'architrave della politica economica di Mario Draghi e Daniele Franco. Il Def si basa sul prolungamento della sospensione del Patto di Stabilità al 2022. L'espansione del bilancio si basa su questa epoché ma nel 2023 l'Italia si presenterà ai partner europei con il debito/Pil al 155% e con la necessità di cominciare a conseguire un avanzo primario di bilancio. Per tornare al 3% di deficit/Pil nel 2025 si dovrà ottenere un effetto positivo di circa 7,5 miliardi da maggiori entrate e minori spese. Se la crescita non sarà sostenuta, la disciplina di bilancio sarà problematica.
Non ci si può, infine, esimere da una notazione: rispetto al Pil tendenziale a politiche invariate, le misure governative producono un +0,4% nel 2021 e un +0,5% a fronte di due scostamenti che valgono un 4% di prodotto.
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