Proibito ripensarci. Agli uomini che scelgono di intraprendere insieme alla propria compagna la strada della procreazione assistita, la Corte Costituzionale fa sapere: non si torna indietro. Anche se nel frattempo la vostra storia d'amore è finita, anche se avete divorziato, la vostra ex partner avrà per sempre il diritto di scongelare l'embrione, farselo impiantare, partorire. E voi diventerete padri a scoppio ritardato, papà a tutti gli effetti di un figlio nato anni dopo l'ultima volta che avete sorriso a sua madre.
Per parlare del terreno in cui si muove la sentenza depositata ieri la Corte usa due termini: «delicato» e «tragico». É il terreno dove si incrociano etica, medicina, legge, relazioni umane, e tutto ruota intorno alla volontà di procreare. Di questi tempi se ne parla molto in relazione alle coppie gay. Ma la stragrande maggioranza degli utenti delle tecniche assistite sono coppie eterosessuali, alle prese con difficoltà di fecondazione. Ed è in questo campo che interviene la Consulta, interpellata da un giudice del tribunale di Roma.
É la storia di A.C. e D.R., due coniugi romani che sei anni fa si rivolgono a una clinica della capitale per essere aiutati ad avere un figlio. L'ovulo prelevato alla signora viene fecondato dall'uomo e congelato in attesa che la donna sia pronta per l'impianto. Ma nel frattempo il matrimonio scricchiola, poi va a pezzi. L'uomo se ne va di casa, nel 2019 arriva la separazione. Un anno dopo la signora si presenta alla clinica e chiede che si proceda ugualmente all'impianto. L'ex marito, interpellato dai medici, si precipita sul posto, spiega che tutto è cambiato, che lui il figlio non lo vuole più, revoca il consenso. Ma la ex moglie non si arrende, e fa causa alla clinica per costringerla a scongelare l'ovulo e a avviare la gravidanza. «Il diritto di essere madre - scrive - è un diritto assoluto, fondamentale della persona, garantito dalla Costituzione».
Dalla sua parte, la donna ha il testo della legge vigente: che dice che il marito può revocare il suo consenso solo fin quando l'ovulo non è stato fecondato. Ma è un limite stabilito in un'altra era, quando il congelamento degli embrioni era proibito, e tutta la procedura si svolgeva in pochi giorni. Ora che il congelamento è la prassi, tra la fecondazione e l'impianto possono passare anni. E a volte, come in questo caso, i rapporti di coppia mutano e muoiono. Dice in sostanza D.R. ai giudici: costringermi a diventare ora padre violerebbe la mia libertà di autodeterminazione, e danneggerebbe anche il nascituro, il suo diritto ad avere due genitori. L'uomo solleva anche il tema della parità dei sessi: io non potrei mai costringere mia moglie a diventare madre contro la sua volontà, perchè lei può costringere me ad essere padre?
Ma la Corte dà ragione alla ex moglie. Il consenso prestato dal padre «si configura come un punto di non ritorno, che può risultare freddamente indifferente al decorso del tempo e alle vicende della coppia». E non serve invocare, in questo campo, la parità dei sessi, poichè la donna «è coinvolta in via immediata con il proprio corpo, in forma incommensurabilmente più rilevante rispetto a quanto accade per l'uomo». Aggiunge la Consulta: «A questo investimento, fisico ed emotivo, che ha determinato il sorgere di una concreta aspettativa di maternità, la donna si è prestata in virtù dell'affidamento in lei determinato dal consenso dell'uomo al comune progetto genitoriale. L'irrevocabilità di tale consenso appare quindi funzionale a salvaguardare l'integrità psicofisica della donna».
E il nascituro, avrà comunque un padre, sebbene non consenziente: la questione «dell'interesse del minore a un contesto familiare non conflittuale non può essere enfatizzata al punto da far ritenere che essa integri una condizione esistenziale talmente determinante da far preferire la non vita».
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