«Avrò una squadra di ministri giovani e dinamici, appena mi mandano la lista vi dico i nomi». La battuta impietosa che girava nei giorni del primo incarico a Giuseppe Conte ieri si è improvvisamente tramutata in una impietosa realtà. Il prof avv trattato come una colf a ore, un premier interinale convocato, licenziato su due piedi e poi riconvocato in fretta e furia appena conclusa la trattativa più pazza del mondo, composizione della lista dei ministri inclusa. Fino a ieri mattina Conte era tranquillamente a Firenze a tenere la sua lezione. Nel pomeriggio è arrivato alla chetichella a Roma, quando già i cronisti iniziavano a chiedersi se alla fine il suo nome fosse saltato.
Il professore, che si era congedato dal suo primo tentativo di arrivare a Palazzo Chigi con un mesto «Ho fatto tutto il possibile», in realtà si trova a capo di un governo cucito a sua insaputa, programma incluso. Ha sempre detto di aver partecipato alla stesura del famoso «contratto di governo» ed è pur possibile che nel documento sia transitato qualche suo contributo, ma al tavolo delle trattative tra Lega e M5s non c'era. E il suo nome era spuntato solo nel finale, per sedare la lite sulle poltrone. Il «non se so nulla» confidato da Conte a un cronista poche ore prima della partenza del suo governo è una presa d'atto realistica. Una certezza il professore però ce l'aveva: il suo compito sarà anche quello di resistere alle pulsioni anti europeiste, come gli ha chiesto il Quirinale. Non va dimenticato infatti che Conte viene dal mondo dell'avvocatura che frequenta il potere romano lo stesso cui appartiene Giulio Napolitano, l'aministrativista di grido, figlio dell'ex presidente della Repubblica. Un premier in quota 5 Stelle, dunque, ma con un background che sicuramente non dispiace al Quirinale, al netto dei peccatucci di vanità cui il prof indulgeva nel redigere il curriculum sbugiardato pubblicamente.
Una garanzia, quella sull'Europa, cui Mattarella non ha mai voluto rinunciare. E infatti, al cronista che chiedeva della posizione sull'euro, Conte ha spiegato: «L'Europa deve essere sempre più forte, nessuno ha mai posto in discussione che siamo nel sistema europeo e ci vogliamo rimanere. In bocca al lupo all'Italia». E in bocca al lupo anche all'avvocato che dopo essersi occupato per anni di contratti di diritto privato, dovrà gestire il difficile equilibrio del patto giallo-verde basato su uno strano contratto di governo siglato dal notaio, una prima assoluta nella storia della Repubblica. Una garanzia nulla, una formalità usata per gettare fumo negli occhi del popolo a 5 Stelle cui Grillo e soci avevano giurato che mai avrebbero fatto alleanze. Il contratto infatti, proprio come quello della Grosse koalition tedesca, non è vincolante. Non potrà scongiurare infatti un «inadempimento prima del termine» che, guarda caso, è il titolo della tesi di laurea dell'ormai premier.
E così, dopo la trattativa più lunga della Repubblica, Conte parte con l'incarico più breve di sempre: «Lavoreremo intensamente per
raggiungere gli obiettivi», ha detto annunciando la lista dei ministri, con i deputati mai chiamati «onorevoli», in stretta osservanza della politicy grillina. Il giuramento oggi alle 16. E che lo spread ce la mandi buona.
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