È lo storico stabilimento balneare triestino che dal 1903 ha un muro che separa la spiaggia degli uomini da quella delle donne. Ma nei giorni scorsi, riporta il Piccolo, a dividere anche la sezione femminile del Lido Pedocin è stata la reazione delle bagnanti a un gruppo di donne musulmane che volevano fare il bagno con il cosiddetto burkini, che copre tutto il corpo. Alla contestazione è seguita l'indignazione di chi ha difeso le donne, fino all'intervento della Polizia locale che ha riportato la calma.
«Qui vestite il bagno non ve lo fate», avrebbero detto le contestatrici spiegando che si trattava di un "problema di pulizia: con quegli abiti se ne sono andati in giro ovunque, non è igienico". Altre donne sono intervenute ricordando la libertà di religione. Il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza è stato, come è spesso, tranchant: «Chi arriva qui rispetti le nostre abitudini».
Non è la prima volta che il burkini divide le triestine che frequentano il Pedocin. L'anno scorso c'era stata una protesta simile. La politica si divide, ma non troppo. Il dem Francesco Russo, vicepresidente del Consiglio regionale, condanna «ogni espressione di intolleranza e razzismo qualora si verifichino», spiegando che «molte nostre nonne e bisnonne un tempo non avrebbero fatto nulla di diverso da quanto successo al Pedocin, ma ovviamente - ammette - i costumi cambiano». Il consigliere regionale di Open-Sinistra, Furio Honsell, denuncia che «si stanno ripetendo in regione (non solo a Trieste ma anche a Monfalcone, ndr) odiosi episodi xenofobi nei confronti di donne musulmane. Ognuno è libero di fare il bagno come ritiene giusto, ma è anche importante spiegare educatamente che, in un Paese laico e libero come l'Italia, ogni donna è libera di fare il bagno in costume, molto più comodo che completamente vestiti».
Poche settimane fa Anna Cisint, sindaca di Monfalcone, comune ad alta densità di cittadini musulmani, aveva definito «inaccettabile» che «stranieri entrino abitualmente in acqua con i loro vestiti». Dichiarazioni che hanno infiammato la polemica.
La Lega Friuli Venezia Giulia precisa: «Nessun razzismo. Si tratta di una questione di decoro urbano, una questione igienica e del rispetto delle donne che non devono essere costrette a coprirsi totalmente a temperature proibitive».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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