
Un nuovo accordo commerciale con la Cina è «possibile», secondo il presidente americano Donald Trump, in parte per «l'ottimo rapporto» vantato con l'omologo Xi Jinping. L'ultimo segnale lanciato dal tycoon alla leadership mandarina sul fronte dei dazi non porta serenità.. Alla Zhongnanhai, la blindata cittadella rossa della nomenclatura comunista di Pechino, i motivi di preoccupazione sono più di uno. Xi, innanzitutto, rischia di rimanere nell'angolo nel caso in cui Trump riuscisse a raggiungere un'intesa ampia con il capo del Cremlino Vladimir Putin, per chiudere la guerra in Ucraina. La fine del conflitto porterebbe con sé opportunità, ma anche lo scenario che vedrebbe Washington puntare l'attenzione sull'Indo-Pacifico, come focus dell'impegno militare Usa.
Il neo capo del Pentagono Pete Hegseth, del resto, ha appena veicolato ai partner della Nato il brusco messaggio che l'Europa deve provvedere alla sua difesa e che è la Cina la priorità americana. Gli incontri Usa-Russia di Riad sono stati accolti pubblicamente con favore da Pechino, al lavoro per trarre vantaggio dagli sforzi di ricostruzione in Ucraina, nonché dalla frattura sempre più profonda tra Stati Uniti e alleati sulla Nato, sul significato della democrazia e sull'ordine internazionale basato sulle regole. E la Cina considera il suo possibile ruolo di peacekeeping a Kiev, quando sarà raggiunto il cessate il fuoco, come il trampolino di lancio verso un nuovo ordine mondiale. Mentre lunedì segna il terzo anniversario dell'invasione russa ai danni dell'Ucraina, le diplomazie di Washington e Mosca stanno prendendo accordi per un vertice Trump-Putin, senza Ue e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
In risposta alle rapide mosse di The Donald, la Cina è quindi pronta a schierare l'Esercito popolare di liberazione, le sue forze armate, come parte delle manovre diplomatiche, pur di aprire la strada a Xi verso il ruolo di co-architetto di un possibile accordo di Yalta 2.0 e di un nuovo ordine mondiale in sostituzione, dopo 80 anni, di quello nato nel dopoguerra a guida Usa. Se i combattimenti in Ucraina si fermassero in un modo che avvantaggiasse la Russia, un chiaro aggressore che distrugge l'ordine internazionale, la Cina lo vedrebbe come un fattore positivo. Dopotutto, ha dichiarato che non rinuncerà mai all'uso della forza contro Taiwan per prendere il controllo dell'isola ribelle. Nel frattempo, la diffidenza e i sospetti verso Washington sono aumentati. Il Dipartimento di Stato americano ha rimosso a sorpresa il 13 febbraio la frase «non sosteniamo l'indipendenza di Taiwan» dalla scheda informativa sui rapporti bilaterali. La mossa ha suscitato la dura reazione del Dragone dato che la frase eliminata era in linea con la politica di lunga data della «Unica Cina» che, secondo Pechino, tiene conto della posizione di considerare Taiwan parte «inalienabile» del suo territorio.
«Ci aspettiamo che le divergenze tra le due sponde dello Stretto siano risolte con mezzi pacifici, senza coercizione, in un modo accettabile per le persone su entrambe le sponde dello Stretto di Taiwan - ha rincarato il Dipartimento di Stato - Gli Usa continueranno a sostenere la partecipazione significativa di Taiwan alle organizzazioni internazionali, inclusa l'adesione, ove applicabile». Insomma, toni non proprio distensivi.
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