Ora Volodymyr Zelensky ne è certo, Joe Biden è pronto a mollare lui e l'Ucraina dopo la caduta del Donbass in mani russe. Dietro le polemiche con una Casa Bianca che gli rinfaccia l'iniziale diffidenza di fronte agli avvertimenti sull'imminente invasione russa si nascondono divisioni ben più profonde. Divisioni che riguardano non solo la continuazione degli aiuti militari, ma i destini stessi dell'Ucraina.
La scelta di fornire solo quattro sistemi missilistici a lungo raggio Himars, nonostante le insistenze di Kiev per ottenerne almeno sessanta, sono il segnale dello scetticismo con cui parte dell'amministrazione Usa guarda agli esiti della guerra. Scetticismo già evidenziato dal brusco ridimensionamento delle consegne di armi occidentali sui fronti del Lugansk. L'avanzata russa su Severodonetsk e le pesantissime perdite ucraine - dai cento ai duecento caduti al giorno secondo il consigliere presidenziale Mykhaylo Podolyak - dimostrerebbero l'inutilità di continuare a rifornire un esercito di Kiev incapace di riempire i vuoti e di schierare personale sufficientemente addestrato all'impiego di quelle stesse armi. Proprio per questo la Casa Bianca starebbe valutando l'opportunità di una trattativa diretta o indiretta con il Cremlino subito dopo la caduta degli ultimi capisaldi del Lugansk e del Donetsk. Di fronte ad un'evidente sconfitta di Kiev gli Usa e la Nato potrebbero rivendicare, alla fine, di aver fatto tutto il possibile per salvare l'Ucraina.
Dall'altra parte, il raggiungimento di uno degli obiettivi annunciati alla vigilia del 24 febbraio potrebbe spingere Vladimir Putin a cantar vittoria accettando un negoziato sul cessate il fuoco. Dietro i ripensamenti di una Casa Bianca che a marzo sembrava decisa ad approfittare dello scontro in Ucraina per ridimensionare la potenza russa, vi sarebbe il mutato scenario moscovita. Nel primo mese di guerra molti segnali facevano pensare a un Putin traballante e nel mirino di possibili regolamenti di conti interni. Oggi, invece, il presidente russo sembra non solo saldamente al comando, ma anche pronto a rilanciare puntando su Odessa. La conquista dell'ultimo sbocco al mare ucraino è, per molti esponenti del Cremlino, la mossa obbligata per piegare l'Ucraina, imporle una definitiva neutralità e costringere Usa e Ue a farsene carico economicamente per i prossimi decenni. Ma la prospettiva di uno scacco matto su Odessa è ovviamente inaccettabile per Washington e la Nato.
Se una trattativa sul cessate il fuoco a seguito di una débàcle ucraina nel Donbass può venir accettata come inevitabile sia dall'opinione pubblica statunitense sia da quella europea, una mancata risposta a un'avanzata russa su Odessa apparirebbe inammissibile e vergognosa. Ma per evitare quell'umiliazione Stati Uniti ed Europa dovrebbero accettare il rischio di una paurosa escalation militare capace di trascinarci allo scontro diretto con Mosca. Una prospettiva da brividi non solo per l'Europa, ma anche per un Biden costretto ad affrontare le elezioni di mid-term portando in dote agli americani il rischio di un conflitto mondiale.
Una prospettiva non proprio entusiasmante per un presidente arrivato alla Casa Bianca promettendo l'uscita da una guerra afghana che sembrava »infinita», ma appare banale e quasi irrilevante rispetto a uno scontro tra potenze nucleari. Proprio per questo una trattativa all'indomani dell'annunciata débàcle ucraina nel Donbass può risultare, dal punto di vista della Casa Bianca, ben più accettabile delle incognite di una sfida per Odessa.
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