Il belga Marc Tarabella si fa catturare quasi con rassegnazione, «finalmente, vi aspetto da due mesi, ora potrò essere ascoltato». Invece dell'italiano Andrea Cozzolino per alcune ore non c'è traccia, la polizia sfonda la porta della sua casa di Bruxelles e la trova vuota, la Guardia di finanza bussa alla porta della sua abitazione di Napoli e Cozzolino non c'è neanche lì. Sulla giornata più drammatica dell'inchiesta sul Qatargate si affaccia a lungo lo scenario più impensabile: l'ipotesi che Cozzolino, uomo di punta del Pd a Strasburgo, campione di preferenze alle ultime elezioni europee, avesse fatto perdere le proprie tracce per non finire in carcere, dopo avere proclamato ripetutamente la propria innocenza e avere rinunciato all'immunità parlamentare. Ma alla fine esce allo scoperto il suo avvocato facendo sapere che il politico era impegnato in imprecisati «accertamenti clinici». Cozzolino viene localizzato e arrestato in serata, per lui è pronto il mandato di cattura internazionale che accusa il deputato dem di associazione a delinquere, corruzione e riciclaggio. Per la procura federale belga Cozzolino era parte integrante della rete di corruzione impiantata in seno al Parlamento dal suo predecessore Antonio Panzeri dietro lo schermo della ong Fight Impunity. Contro di lui ci sono le dichiarazioni della socialista greca Eva Kaili, agli arresti anche lei dal 9 dicembre, e probabilmente anche quelle di Panzeri, che poco dopo l'arresto ha deciso di vuotare il sacco e sta riempiendo verbali su verbali.
Da una settimana, da quando il parlamento di Strasburgo aveva revocato all'unanimità la loro immunità, Tarabella e Cozzolino sapevano che era solo questione di giorni. La procura federale belga, quando aveva chiesto di togliere l'immunità, non voleva solo poter inquisire i due: voleva le mani libere per usare anche con loro le maniere forti (fin troppo, secondo alcuni) impiegate con gli altri inquisiti per gli affari sporchi delle lobby che operano nei corridoi di Bruxelles e di Strasburgo.
E le mani forti sono arrivate. Tarabella viene preso di peso a trasferito negli uffici del tribunale di Bruxelles, a disposizione del giudice istruttore Michel Claise. È in stato di arresto provvisorio, fino a sera il giudice si riserva la decisione se spedire Tarabella a dormire in carcere o consentirgli di tornare a casa sua. Molto dipende da quanto saltato fuori dalla cassaforte e dalla cassetta di sicurezza, perquisita a Liegi, del socialista belga. Tarabella sapeva che quei cassetti sarebbero stati aperti ma è difficile che abbia cercato di svuotarli nel frattempo: avrebbe rischiato di fare la stessa fine della Kaili, anche lei deputata socialista, che per aver cercato di fare sparire i soldi custoditi a casa sua si è giocata l'immunità ed è in carcere dal 9 dicembre, come il suo compagno Francesco Giorgi e il protagonista del Qatargate, l'italiano Antonio Panzeri (ieri è tornata in libertà, con il solo divieto di espatrio, la sua commercialista, Monica Rossana Bellini).
La bufera dell'inchiesta sui soldi passati sottobanco - tramite Panzeri - dai governi di Rabat e Doha per addolcire le posizioni dell'Unione Europea vive così uno dei suoi giorni più traumatici. L'immagine più dura è la foto dell'ufficio di Tarabella, chiuso e sigillato dalla polizia belga come una scena del crimine. Sulla pagina ufficiale della Lega appare un commento cinico: «Questo europarlamentare belga di sinistra insultò Salvini. Oggi lo arrestano. Spiace».
Lo stesso cartello di sequestro compare nelle stesse ore sull'ufficio da eurodeputato di Andrea Cozzolino, prima ancora che si sappia che anche lui è ricercato. A carico del belga pesano le rivelazioni di Panzeri, che dopo avere patteggiato una pena di un anno sta riempiendo verbali su verbali, accusando l'ex compagno di avere preteso in cambio degli emendamenti pro-Qatar versamenti in contanti per una somma che oscilla tra i 120 e i 140mila euro. Cosa abbia detto invece Panzeri su Cozzolino ancora non si sa, i verbali sono ancora in buona parte segreti. Ma già il cartello apparso ieri anche sulla sua porta non faceva presagire granché di buono per l'esponente del Pd. E infatti poco dopo anche la casa di Cozzolino a Bruxelles riceve la visita della polizia federale, il dem è assente ma la porta viene forzata e l'appartamento passato al setaccio.
A differenza di Tarabella, che aveva sempre evitato dichiarazioni pubbliche («parlerò con i giudici») Cozzolino nelle settimane scorse aveva protestato con forza la propria estraneità ai magheggi di Panzeri e della sua lobby, mascherata dietro la ong Fight Impunity.
Ma la determinatezza con cui gli inquirenti sono andati all'attacco anche nei suoi confronti fa capire che lo considerano comunque parte integrante del sistema di affari e di favori che infestava il gruppo parlamentare dei Socialisti&Democratici.
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