Quei sondaggi choc per il M5s: "Così i pentastellati sono finiti"

Il Movimento 5 Stelle rischia la debacle alle Regionali del 20 e 21 settembre. La previsione di Mannheimer: "D'ora in poi i grillini caleranno molto..."

Quei sondaggi choc per il M5s: "Così i pentastellati sono finiti"

In crisi di leadership e di consensi, il Movimento 5 Stelle è nel caos. La nave grillina, non da oggi, naviga in acque (molto) agitate: le elezioni regionali saranno un appuntamento decisivo per il futuro della compagine pentastellata. E alla tornata del 20 e 21 settembre i Cinque Stelle ci arrivano tutto fuorché in salute, viste le perenni lotte intestine e le continue fuoriuscite dai gruppi parlamentari di Camera e Senato: negli ultimi due giorni, infatti, altri due hanno detto addio al M5s. Si tratta Paolo Lattanzio e Piera Aiello. E così la lista degli addii diventa ancora più lunga.

Con l’avvicinarsi del voto regionale in Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania e Puglia, si è fatta più grande la paura in casa Cinque Stelle: una nuova ed ennesima batosta elettorale è alle porte. Se in Liguria i "five stars" correranno al fianco del Partito Democratico – sostenendo la corsa di Ferruccio Sansa contro il governatore uscente Giovanni Toti – in tutte le altre conteste correranno da soli. E, stando ai sondaggi, andranno male. Molto male.

Sono lontanissimi i fasti del 33 e rotti percento delle Politiche del maggio 2018, ma ad oggi è lontano anche il 17,1% preso alle Europee del maggio 2019. La grande paura dei grillini in queste difficili Regionali è quella posizionarsi di poco (forse sopra, forse sotto) al 10%.

Un dato che se confermato dalle urne avrebbe effetti potenzialmente devastanti sia per il partito, sia per la maggioranza giallorossa, che potrebbe subire una spallata forse decisiva dal centrodestra.

Cosa dicono i sondaggi(sti)

In vista della chiamata alle urne, ilGiornale.it ha contattato il sondaggista Renato Mannheimer per un quadro della situazione. Lo scenario più probabile alle imminenti Regionali è quello di un 4-2 in favore di Carroccio, FdI e azzurri, risultato non privo di conseguenze per Pd, M5s e l’intero Conte-bis. Soprattutto nel caso in cui le percentuali delle due forze dovessero essere (molto) più basse rispetto a quanto raccolto alle Europee del maggio 2019. E il rischio per il Movimento 5 Stelle è decisamente concreto.

"Gli effetti del voto ci saranno e saranno grandi, sia nel Pd sia nel M5s. Ma sono così attaccati ai posti che hanno, che è difficile che persino un risultato del genere li possa smuovere. Certo, il governo può resistere ma ne esce ovviamente indebolito", ci spiega l’esperto.

Il calo, o meglio crollo del Movimento 5 Stelle, insomma, è possibilità assai probabile. "Che i pentastellati possano finire sotto al 10% è molto difficile, ma tutto può capitare. Certo è che i pentastellati sono in flessione e nel medio periodo scenderanno molto: sono finiti. Come però avvenga questo processo è difficile da dire; la cosiddetta ‘spinta propulsiva’ grillina è certamente terminata", aggiunge ancora Mannheimer, che prevede ulteriore confusione all’interno del M5s all’indomani delle Regionali: "Ci sarà ancora più caos, e vedremo nuove uscite. Insomma, un fuggi-fuggi generale”. “Dovranno trovarsi ciascuno un posto dove sistemarsi per non tornare ai lavori precedenti", la caustica considerazione di Mannheimer prima di salutarci.

Espulsioni, fuoriusciti e l'ombra di Dibba

Fuggi-fuggi, per l’appunto. Nel corso degli ultimi mesi si fa fatica a tenere il conto di quanti deputati e senatori se ne siano andati sbattendo la porta. Gli ultimi due, come detto, sono stati Lattanzio e Aiello. E non saranno gli ultimi. Per non parlare poi di tutti i parlamentati 5s espulsi, come Gianluigi Paragone, Mario Giarrusso e Nicola Acunzo.

L’elenco è lunghissimo e conta anche Paola Nugnes e Gelsomina Vono – rimaste però all’interno della maggioranza, rispettivamente con Leu e Italia Viva – e Alessandra Riccardi, Ugo Grassi, Stefano Lucidi e Francesco Urraro, passati invece all’opposizione tra le fila degli ex alleati della Lega.

Il futuro del Movimento è sempre più incerto. Davide Casaleggio e Beppe Grillo fanno melina, non attirandosi certo le simpatie di eletti ed elettori. Anzi.

La base grillina si è in larga parte disinnamorata e pare avere qualche sussulto solamente quando Alessandro Di Battista rompe il silenzio sui social per attaccare gli storici nemici del Movimento: che Dibba possa però tornare e diventare il nuovo leader del partito – dopo l’esperienza non certo esaltante di Luigi Di Maio e del reggente Vito Crimi a capo della formazione – è cosa poco probabile.

Rousseau, mandati e alleanze

E poi c’è il nodo Rousseau. La piattaforma di voto riservata agli iscritti al M5s e gestita dalla Casaleggio Associati è stato il teatro dell’ultima clamorosa giravolta grillina: cada il tabù del limite dei due mandati e arriva il via libera alle alleanze a livello locale. La svolta è arrivata a metà agosto (alla vigilia di Ferragosto) con una votazione che ha promosso l’asse con i dem con il 60% e ha dato il "la" al mandato zero con l’80% dei favori.

Una giravolta impensabile fino a qualche anno fa, quando i pentastellati si professavano "duri e puri". Ora, a differenza di quello dichiarato in origine dal fondatore Gianroberto Casaleggio, si sono fatti partito con la "p" maiuscola, si sono istituzionalizzati al cento per cento. E hanno perso appeal, visto anche le non entusiasmanti performance dei propri ministri al governo: basti pensare al Guardasigilli Alfonso Bonafede o alla ministra della Scuola Lucia Azzolina, giusto per fare due esempi. Senza dimenticarsi, in ultimo, delle gaffe di Luigi Di Maio alla Farnesina.

L’ultimo (o forse unico?) cavallo di battaglia rimasto al M5s è il taglio dei parlamentari – al referendum confermativo del 20 e 21 settembre l’ultima parola – ma questa sola battaglia non basta per scaldare i cuori di un popolo grillino deluso dai propri (ex) beniamini.

Non a caso nel giro di un anno i voti al Movimento si sono sostanzialmente dimezzati: 33% alle Politiche del 2018, 17% alle Europee del 2019.

I numeri, come sempre, non mentano mai. E prendendo per buona la previsione di Mannheimer, se la "spinta propulsiva pentastellata si è esaurita", il bacino elettorale grillino è inesorabilmente destinato a ridursi con il passare dei giorni.

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