Quell'Italia "Mal Destra" vista da Guzzanti

Il centrodestra è maggioranza, eppure in crisi. Si può partire da qui per raccontare "tormenti e passioni" analizzati da Paolo Guzzanti nel suo ultimo saggio, "La maldestra"

Quell'Italia "Mal Destra" vista da Guzzanti

Il centrodestra è maggioranza, eppure in crisi. Si può partire da qui per raccontare «tormenti e passioni» analizzati da Paolo Guzzanti nel suo ultimo saggio, «La maldestra» (Paesi Edizioni). Si può partire dalla sconfitta dei candidati di FdI e Lega alle ultime Amministrative, o dalla «disintegrazione» delle coalizioni nel voto per il presidente della Repubblica.

«Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno ancora un bisogno evidente di Silvio Berlusconi e del suo partito - osserva - per completare un percorso verso quel check-in europeo» che serve per viaggiare sicuri.

Fatta eccezione per la Calabria e per Trieste, la «pietanza» che il centrodestra ha preparato agli elettori, a Guzzanti ricorda una «mousse di funghi» preparata mezzo secolo fa dalla madre per un pranzo di Natale. Un piatto dal profumo seducente ma inesorabilmente immangiabile per la presenza di minuscoli granuli di sabbia che il Paolo di allora aveva subito avvertito, sentenziando: «Scricchiola». E poi definitivo, dopo filtri e centrifughe: «Scricchiola ancora».

Giornalista, scrittore, già senatore del Pdl, Guzzanti prova ad assaggiare la consistenza del centrodestra attuale, e lo fa come un critico severo, cercando le ragioni di un amalgama che oggi non sembra più riuscitissimo. «La disgrazia della destra italiana - scrive - consiste nel fatto che di destre ce ne sono due, e occasionalmente tre», una liberale, una nazionalista e una figlia della Seconda guerra mondiale. Ed è un continuo rimando alla storia, il saggio, un incessante dialogo fra presente e passato, fra i semi delle vecchie ideologie e i frutti della politica attuale.

Il legame fra il 1946 e il 2022 - avverte - «c'è ed è evidente». Definire la destra è difficile. Prima era quella che stringeva i cordoni della borsa mettendo le ali all'economia; la sinistra era quella che li allentava, spendendo e aumentando le tasse. La faccenda si è complicata nel corso del Novecento, per Guzzanti.

Tutto si è ingarbugliato coi totalitarismi, col fascismo per esempio: nazionalista ma di stampo socialista, spendaccione, dirigista, statalista insomma, socialista come il suo inventore. Emblematica l'alleanza fra Stalin e Hitler, tutt'altro che occasionale, tutt'altro che difensiva, quel patto Molotov-Ribbentrop con cui «la patria del comunismo» si alleava militarmente e ideologicamente col nazionalsocialismo di Hitler. Ha un tocco profetico qui il saggio, scritto prima degli orrori della guerra d'aggressione in Ucraina, condotta da un regime nostalgico dell'Urss (nato con l'imprinting del Kgb) mentre la Chiesa ortodossa benedice il delirante desiderio di estirpare dal mondo i vizi dell'Occidente e Putin parla di «denazificazione». Guzzanti guarda a quel Patto del '39 e scrive una verità liberatoria e «scandalosa»: quei totalitarismi erano tutti «di «sinistra», in un gioco di specchi rivisto poi nel terrorismo, rosso e nero.

Con una rincorsa lunga decenni, fra Prima e Seconda repubblica, si arriva (o si torna) dunque al 2022, all'Italia. A un centrodestra che deve ripetere l'operazione «geniale e spericolata» del 1994, giocata da un «campione pieno di fantasia» che mise insieme An e Lega.

«Mai con la sinistra» può anche essere un denominatore efficiente e ragionevole, perché l'Italia, in maggioranza, non ama la sinistra e non la vuol vedere al governo. Il punto è che occorre ridare una fisionomia alla maldestra.

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