Le radici del crollo nel "No" a Wojtyla. Gli ultrà europei torneranno alla carica

Da 20 anni l'apparato burocratico di un'Unione neo positivista cerca di decristianizzare il continente. Il dietrofront è solo tattica

Le radici del crollo nel "No" a Wojtyla. Gli ultrà europei torneranno alla carica

Per individuare la «linea d'ombra» di un'Europa pronta a cancellare il Natale e i valori cristiani bisogna tornare a quella Convenzione Europea - guidata dall'ex- presidente francese Valery Giscard d'Estaing - che tra il 2001 e il 2003 tentò di stillare i principi di una Costituzione Europea. In quell'inconcludente biennio l'Unione voltò definitivamente le spalle all'«Europa delle cattedrali», la visione con cui Robert Schuman, e altri padri nobili del pensiero unitario, evocavano una comune civiltà cristiana. Una visione definitivamente smantellata nell'ultimo ventennio per compiacere l'apparato burocratico di un'Unione de-cristianizzata e piegata al neo-positivismo anti-cristiano. In tutto questo un ruolo fondamentale lo giocò Giscard d'Estaing, l'ex-presidente francese sotto il cui mandato passarono - oltre alle leggi su divorzio e aborto - anche quei provvedimenti sul ricongiungimento familiare all'origine del grande fenomeno migratorio d'Oltralpe.

Un'opera di revisione valoriale e sociale continuata all'interno della Convenzione Europea. Quell'opera, come rivelato nel 2015 dall'arcivescovo Monsignor Rino Fisichella, toccò lil suo «nadir» quando il Presidente della Convenzione rifiutò una lettera indirizzatagli da Papa Giovanni Paolo II e affidata a un politico italiano. «É bene che la tenga in tasca e non me la consegni - sbotto d'Estaing consapevole di come la lettera contenesse un' esortazione del Pontefice ad inserire un riferimento alle radici giudaico-cristiane dell'Unione. Quel «gran rifiuto» era il simbolo di un'intolleranza neo-laicista che rifiutava non solo di comprendere, ma persino di misurarsi con le ragioni del Cristianesimo. Quel diniego ha aperto la botola del precipizio che in 20 anni ha trasformato Bruxelles e palazzo Berlaymont in un laboratorio del politicamente corretto. Un laboratorio in cui mancando riferimenti a identità e valori condivisi hanno fatto breccia le prassi esposte dalla Commissaria all'Uguaglianza Helena Dalli nel suo triste e grigio abbecedario della neo-lingua. Ma non illudiamoci, il ritiro del documento, annunciato ieri, è semplice tatticismo indispensabile per sopire il fragore provocato dalla pubblicazione su Il Giornale di quel manifesto della sottomissione. «Sono vent'anni che Bruxelles sforna documenti con quei contenuti - spiega a Il Giornale l'ex- ministro della Difesa Mario Mauro ricordando i 14 anni passati in un Parlamento Europeo di cui è stato vice presidente. «Non lasciamoci ingannare il politicamente corretto - continua Mauro - non è un innocuo galateo, ma l'ideologia e lo strumento di una sinistra transitata dal desueto linguaggio della lotta di classe alla teoria dei nuovi diritti. Nella Genesi l'uomo s'appropria della realtà quando Dio ordina di dare un nome alle cose. Un principio applicato da tutte le rivoluzioni e sancito per la prima volta dal Pcus sovietico che definì «politicamente corretto» ogni atto in linea con i suoi dettami. Un secolo dopo il politicamente corretto è lo strumento usato della sinistra radicale americana e da quella europea per cambiare la realtà. Non a caso la «cancel culture» prevede di cambiare il corso della storia e trasformare i vinti in vincitori attraverso operazioni semantiche»

Una maestrina di queste operazioni è, senza dubbio, la signora Dalli.

Una Commissaria solerte nel raccomandare l'oblio del Natale nel nome dell'inclusione, ma altrettanto sollecita, il 23 aprile scorso, nell'indirizzare un tweet di buon Ramadan a tutti i musulmani d'Europa. Che tanto i cristiani da quest'Europa si possono pure escludere.

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