"Ragazzi uniti solo nel nome della violenza e della forza"

Claudio Mencacci, psichiatra, presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia in questi ultimi week end in città si stanno registrando una serie di rapine, risse ed episodi di violenza ad opera di gruppi di ragazzi armati e organizzati

"Ragazzi uniti solo nel nome della violenza e della forza"

Claudio Mencacci, psichiatra, presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia in questi ultimi week end in città si stanno registrando una serie di rapine, risse ed episodi di violenza ad opera di gruppi di ragazzi armati e organizzati. Sono spesso minorenni, incensurati, stranieri di seconda generazione, dei quartieri popolari.

«Il tema centrale in questo caso è l'appartenenza al gruppo, che è un aspetto fondamentale perchè rappresenta l'elemento identitario. Sono bande di giovani che si riconoscono in valori condivisi: con la forza e la prepotenza si appropriano di beni altrui. Attenzione: non si tratta di rapine eseguite con destrezza. Qui si ricorre alla violenza e alla sopraffazione».

Altro elemento comune è la provenienza da quartieri difficili come San Siro o il Corvetto

«In queste piazze con un mix di frequentazioni malavitose c'è un'educazione alla violenza e alla sopraffazione. È un codice che viene applicato: si va nei luoghi maggiormente frequentati per poter fare un bottino adeguato. La tecnica è basilare: si isola la giovane vittima e la si aggredisce. Il codice fa sì che questi ragazzi si sentano legittimati a delinquere, e il fatto di agire in gruppo serve a minimizzare il reato, a dividerlo».

Sono ragazzi di seconda generazione, che dovrebbero essere integrati.

«Se si guardano le statistiche si vede che la maggior parte dei ragazzi in carico ai servizi sociali provengono dalla Romania, Bosnia, Moldavia, Serbia poi il Nord Africa con Marocco, Tunisia ed Egitto. Paradossalmente le seconde e terze generazioni sono più disperse rispetto ai genitori immigrati».

In che senso?

«Sono dispersi perchè non hanno radici: hanno perso i legami con i paesi di origine e allo stesso tempo non ne hanno acquisiti con il paese nuovo. Non dimentichiamoci poi che l'ascensore sociale si è fermato da qualche anno. Non ci sono motivi per identificarsi nella società che difende la sua democrazia e la sua libertà lasciando queste persone ai margini».

Cosa li muove? Voglia di

riscatto sociale, rabbia...

«La molla è il desiderio, la logica è quella malavitosa del crimine a diretto favore, cioè a ricompensa immediata, gratificante per sè, ma che trova anche una soddisfazione nel gruppo».

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