Il ragazzo che odiava i ragazzi: è una carneficina di minorenni

Quasi tutte le vittime avevano tra 14 e 21 anni. Cinque under 18. Tre sono kosovari, tre turchi e un greco

Noam Benjamin

Berlino Per compiere la sua strage Ali Sondoly si era ispirato ad Anders Breivik, il neonazista norvegese autore del massacro di Utoya (77 vittime). Un'ispirazione ideale ma anche pratica, tant'è che per agire il killer del centro commerciale di Monaco ha scelto il quinto anniversario di quella carneficina. Comune ai due tragici eventi anche il profilo delle vittime. Giovani socialisti a Utoya, giovani e basta nel centro commerciale della capitale bavarese. Otto delle nove vittime del 18enne tedesco-iraniani avevano fra i 14 e i 21 anni. La persona più anziana a cadere sotto i colpi del folle giovane è stata una 45enne. Non è un caso. Il killer odiava i suoi coetanei «sono un bullizzato!» aveva urlato egli stesso durante la strage e su di loro ha sparato con la sua Glock 9mm.

Dopo la notte di terrore con le strade deserte, i mezzi pubblici bloccati e la polizia in cerca di un presunto gruppo di tre terroristi, sabato è stata la giornata del dolore. Attorno all'Oez, il centro commerciale scelto da Sondoly per la sua «vendetta» è stato un viavai di autorità, di cittadini venuti a deporre un fiore, di compagni di classe e parenti. Fra questi c'era Naim Zabergia, un uomo kosovaro con in mano la foto del figlio ventenne, stroncato dallo stragista. «Questo era Dijamant», piange l'uomo. Immigrato orgoglioso dei successi del proprio figlio, il signor Zabergia racconta come Dijamant fosse un cittadino perfettamente integrato e un ragazzo di successo impegnato in un apprendistato presso l'aeroporto di Monaco. Venerdì pomeriggio il ragazzo era andato con un amico nel Mc Donald's da dove Sondoly ha iniziato a sparare e ha trovato la morte.

In Germania la legge sulla privacy è stringente e specialmente in occasioni di fatti criminali l'identità dei sospettati e delle vittime è gelosamente custodita dalle autorità. A meno di gesti pubblici come quelli del padre di Dijamant, i social media diventano fonte di informazioni. «Armela, la nostra amata figlia, sorella e amica e soprattutto una persona amata da tutti ha perso oggi la vita durante il folle attacco omicida di Monaco. Angelo nostro, ti amiamo». Così dal post in tedesco e in albanese di Arbnor Segashi, il sito web Focus.de svela l'identità della 14enne Armela. La ragazzina non era andata sola all'Oez ma si era fatta accompagnare dall'amichetta Sabina Sulaj, anche lei di origine kosovara, anche lei falciata dai colpi di Sonboly.

La nazionalità delle vittime fornisce una chiara indicazione sulla natura multietnica dei quartieri attorno allo stadio olimpico di Monaco. Sabato il ministro degli Esteri di Ankara, Mevlüt Cavusoglu, ha confermato che tre delle persone rimaste uccise erano cittadini turchi. Anche Sevda Dag, Can Leyla e Selcuk Kilic erano giovani affluiti all'Oez per iniziare il fine settimana in allegria fra una bibita e delle patatine fritte. Nel triste melting pot della morte provocato da un giovane tedesco-iraniano nato a Monaco 18 anni fa si conta anche un suo coetaneo greco. Secondo la ricostruzione fornita dalla Bbc, il ragazzo era all'Oez con il padre e la sorella. Questa si sarebbe salvata per essere stata spinta proprio dal fratello lontano dalle pallottole di Sondoly.

Il dramma è continuato nella loro abitazione. Qua le autorità hanno informato il padre dei ragazzi della morte del figlio; alla notizia il genitore è stato colto da un attacco cardiaco ed è stato immediatamente trasportato in ospedale.

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