Raggi a rapporto dai big: è già un sindaco a metà

Oggi il vertice con il direttorio sulle nomine contestate. L'intervento di Grillo

Raggi a rapporto dai big: è già un sindaco a metà

Roma - Alla fine Virginia Raggi avrebbe ceduto, rinunciando a due nomine di peso della sua futura giunta, a cominciare da quella di Raffaele Marra, che ha sollevato un vespaio di polemiche fuori, ma soprattutto dentro i Cinque Stelle. Uomo macchina dell'amministrazione, Marra era stato scelto come vice capo di gabinetto, per avere quel potere di firma che il fedelissimo del sindaco Daniele Frongia in qualità di capo di gabinetto, in base alla legge Severino, da ex consigliere non avrebbe potuto esercitare. Già così il pasticcio era evidente, ma a Marra il direttorio 5stelle contestava soprattutto un passato professionale al fianco di Alemanno (e della Polverini).

Apriti cielo! E così il contrasto fin qui rimasto sotterraneo fra la Raggi e il «gruppo di sostegno», composto dalle parlamentari Paola Taverna e Roberta Lombardi, dall'eurodeputato Fabio Massimo Castaldo e dal consigliere regionale Gianluca Perilli, sarebbe diventato scontro aperto, facendo precipitare il lavoro di costruzione della giunta in un vero e proprio stallo. Con il sindaco e la deputata Lombardi che non si parlerebbero nemmeno più, se è vero che per superare l'impasse questa volta l'intervento di Di Maio non è bastato, e Grillo in persona è stato costretto a parlare con Virginia (ma la telefonata non trova conferme), per ridurla a più miti consigli. Parola d'ordine: fare marcia indietro, su entrambe le nomine. «È una questione di opportunità politica», le avrebbe spiegato il fondatore. Manca ancora l'ufficialità, e all'insegna della massima prudenza mediatica si cerca il modo di ricollocare entrambe le figure, attutendo per quanto possibile il colpo.

Per Frongia in particolare due le ipotesi che rispuntano, l'assessorato al Patrimonio o la poltrona di vicesindaco con una delega pesante come le partecipate. Per Marra la soluzione si profila più complicata, perché il diretto interessato già qualche giorno fa al primo venticello di tempesta, con un'intervista si era affrettato a far sapere che «se mi rimuovessero sarebbe allucinante». Inutile aggiungere che la partita della futura giunta - la presentazione è prevista giovedì - va complicandosi sempre di più, mentre il tempo scorre inesorabile e le caselle ancora scoperte restano troppe, come i veti del movimento romano. Il sindaco smentisce tutti i retroscena e le ricostruzioni di queste ore, ostenta serenità e continua sulla sua linea di voler parlare con i fatti: sulla pagina Facebook pubblica la lettera urgente inviata ad Acea e impila quelli che definisce i primi atti concreti già realizzati in questi pochi giorni. Ma oggi il punto politico è che Virginia Raggi è finita sul banco degli imputati per aver firmato entrambe le nomine senza consultare nessuno, violando così di fatto il «codice di comportamento» adottato dai grillini. Un vulnus che per il direttorio andava sanato. E dietro al passo indietro del sindaco si può leggere un suo commissariamento di fatto, con la sua linea (in giunta solo esterni) che esce sconfitta.

Intanto è annunciato per stasera un

incontro «chiarificatore» (ma qualcuno parla di resa dei conti) fra la sindaca e i parlamentari del direttorio, perché la posta in gioco a Roma per i Cinque Stelle è troppo alta, a due passi dal Campidoglio c'è Palazzo Chigi.

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