Rai, riforme e regionali. L'estate calda del governo

Meloni, vertice a Chigi prima di partire per Pechino. Le accelerazioni di Salvini e Tajani. Il nodo manovra

Rai, riforme e regionali. L'estate calda del governo
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Ancora non si è iniziato a parlare di Finanziaria, storicamente il campo di battaglia dal quale non escono indenni neanche le maggioranze più solide: basti pensare che per blindarla lo scorso anno Giorgia Meloni chiese al suo partito e agli alleati di non presentare emendamenti. Eppure l'estate del centrodestra già si annuncia non poco agitata.

Non è un caso che qualche ora prima di partire per la sua prima visita in Cina - ieri a ora di pranzo è atterrata a Pechino dove domani incontrerà Xi Jinping - la premier abbia avuto diversi incontri a Palazzo Chigi per fare il punto sui molti dossier sul tavolo. Un primo faccia a faccia, a due stando a quanto riferiscono fonti di partito, con il presidente del Senato, Ignazio La Russa. E poi un pranzo con i vertici di Fratelli d'Italia, dal ministro Francesco Lollobrigida, al responsabile dell'organizzazione di Fdi Giovanni Donzelli, passando per la sorella Arianna, capo della segreteria politica del partito e responsabile del tesseramento. L'occasione per fare il punto soprattutto sulla nomine Rai, dopo le dimissioni della presidente Marinella Soldi. Un fronte su cui la tensione con la Lega è sempre più palpabile, tanto che a via della Scrofa lo schema resta quello che prevede una governance Rai con solo amministratore delegato (Gianpaolo Rossi, in quota Fdi) e presidente (casella che sarebbe occupata da Simona Agnes, in quota Forza Italia) ma senza un direttore generale (al quale ambirebbe invece il Carroccio). Non sarebbe stata approfondita, invece, l'ipotesi di privatizzare la Rai, raccontata venerdì da Il Foglio. Secondo un ministro di Fratelli d'Italia, non ci sarebbero preclusioni da parte di Meloni, ma il tema al momento non sarebbe sul tavolo. Un fronte, peraltro, che non potrebbe che accentuare ulteriormente le tensioni interne alla maggioranza, vista l'inevitabile contrarietà di Forza Italia.

Difficile, poi, che nel pranzo a Palazzo Chigi non si sia affrontata anche la questione delle crescenti incomprensioni con gli alleati. Da dopo le elezioni Europee, infatti, il clima si è fatto sempre più caldo. Prima i continui distinguo di Matteo Salvini, anche su dossier chiave di politica estera come il sostegno all'Ucraina, per altro mentre Meloni era impegnata in vertice internazionali (vedi il summit Nato di Washington). E ora le accelerazioni di Antonio Tajani, che da qualche tempo è decisamente meno conciliante, soprattutto verso la Lega. È del tutto evidente, infatti, che se il livello di tensione è così alto alla vigilia della pausa agostana e senza alcuna reale ragione di frizione, a settembre - quando ci sarà da discutere di una manovra per cui non ci sono risorse - la situazione rischia di diventare esplosiva.

Con Forza Italia che si è messa di traverso sull'autonomia tanto cara alla Lega, in autunno ci sarà da decidere che fare con il premierato e la separazione delle carriere. Il primo cavallo di battaglia di Meloni, che però sa bene quanto la questione sia divisiva tanto che l'ipotesi di congelarlo per evitare che si arrivi al referendum confermativo prima del 2027 resta uno scenario concreto. A meno che le tensioni interne non raggiungano un livello tale per cui Meloni non decida di trasformare il referendum in una sorta di voto di fiducia sul governo.

Poi, e non è un dettaglio, c'è il filotto delle regionali. Con le dimissioni di Giovanni Toti, infatti, andranno al voto non solo Emilia Romagna e Umbria, ma anche la Liguria. Tre partite che, stando ai sondaggi e alla percezione che se ne ha anche a via della Scrofa, sono tutte a perdere. Un passaggio che rischia di essere delicato, sia dal punto di vista politico che della comunicazione. Due regioni su tre - Umbria e Liguria - sono infatti a guida centrodestra ed è ovvio che un ribaltamento farebbe rumore. La leghista Donatella Tesei, secondo i vertici di Fdi, non avrebbe le carte in regola per essere riconfermata in Umbria.

Mentre è improbabile che la Liguria resti a guida centrodestra dopo l'epilogo giudiziario che ha portato alle dimissioni di Toti. Con un dubbio: sollecitare o no un election day delle tre regioni. Meglio levarsi il dente una volta per tutte o diluire la sofferenza in tre appuntamenti diversi?

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