Ratifica del Mes in Aula senza la maggioranza. Il governo cerca il rinvio

Fdi, Fi e Lega non votano la pdl in commissione. Pressing dell'Ue con Metsola in visita a Roma

Ratifica del Mes in Aula senza la maggioranza. Il governo cerca il rinvio
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E insomma, qui tocca prendere tempo, «non possiamo rompere con l'Europa ma nemmeno buttare a mare la maggioranza». Giornata intensa per la premier, che vede Giancarlo Giorgetti per capire lo stato dell'arte, poi convoca Ignazio Visco per valutare gli effetti sui bond di una mancata ratifica del Mes, incontra Roberta Metsola e alla fine decide democristianamente che la cosa migliore è non forzare la mano. Non adesso, non in questa fase. Più avanti magari, come sintetizza Matteo Salvini, «sarà il Parlamento a scegliere». E così nessuno del centrodestra si presenta alla Camera, dove la commissione Esteri approva il testo base del Meccanismo di stabilità con i voti di Pd, Terzo Polo e +Europa. Astenuti i grillini. Il provvedimento passerà in commissione Bilancio per un parere, tornerà alla Esteri per indicare il relatore e arriverà in Aula il 30 giugno. Ma è quasi scontato che la maggioranza chiederà un rinvio del testo alla conferenza dei capigruppo di Montecitorio, magari dopo l'estate, presenterà emendamenti, ascolterà Giorgetti.

«Dobbiamo uscire dalla tenaglia», questo il mantra di Palazzo Chigi. Giorgia infatti si trova coinvolta in un doppio braccio di ferro. Il primo con Bruxelles: siamo gli unici a non aver approvato il paracadute da 700 miliardi. È la stessa Metsola, presidente del Parlamento europeo, non certo un'avversaria, a spiegare in un'ora di colloquio che non si può più tirare la corda, in vista del vertice della settimana prossima. E se l'Italia pensa di usare l'argomento sul tavolo negoziale della riforma del Patto di stabilità per ottenere maggiore flessibilità sui conti pubblici, o per le modifiche al Pnrr, forse dovrebbe valutare l'effetto negativo di una mancata ratifica sull'intera impalcatura fiduciaria che sostiene i titoli di tutti gli Stati. E il contraccolpo peserebbe su chi ha il debito più alto.

Questa tesi, qui il secondo braccio di ferro, è sostenuta pure dai tecnici del ministero dell'Economia: i costi, si legge nel rapporto del capo di gabinetto Stefano Varone, superano i benefici. Anzi, se approvato, il Mes rialzerebbe il rating internazionale dell'Italia. Ma subito Lega e parte di FdI, per il quali il no al Meccanismo rappresenta una bandiera storica, sono insorti. Riflettori su Giorgetti: ha voluto sfidare la premier?

Il ministro nega. E mentre l'opposizione parla di «governo in fuga», Salvini prova a circoscrivere il caso. «Deciderà il Parlamento. Quella del Mef è soltanto un'opinione tecnica e, appunto, tecnicamente si può fare il conto di quello che può succedere al bilancio, però politicamente l'intero centrodestra, dalla Meloni al sottoscritto, ha sempre ritenuto che in questo momento non è uno strumento utile al Paese». Salvini e Giorgetti hanno pranzato insieme. «Ne abbiamo parlato e siamo in perfetta sintonia», assicura il segretario del Carroccio.

Resta da capire come pensa di muoversi Giorgia su un terreno così scivoloso. L'Europa preme perché il Meccanismo diventi operativo entro la fine dell'anno. A sinistra sono divisi, Pd e Terzo Polo sono per il sì, M5S contrari, «e questo è già un successo», commentano a FdI. Però nemmeno nel centrodestra sembrano tanto d'accordo. Dice Antonio Tajani. «Noi di Forza Italia eravamo favorevoli quando c'era la pandemia, poi con il Recovery Plan non è più servito.

Non abbiamo riserve sul Mes, ma sul regolamento che non pone alcun controllo. Rischiamo che gli Stati più grandi decidano di fatto la strategia». Si discuterà, chissà quando, con la speranza che nel frattempo «lo strumento verrà cambiato».

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