Le Brigate rosse un esempio? Assolutamente no ma per il consiglio regionale pugliese è più utile la parola di uno dei fondatori del terrorismo anziché far ascoltare chi ha patito la violenza rossa o chi l’ha combattuta. L’aggravante è costituita anche dalla composizione della platea che il 14 udirà il mea culpa del brigatista: centinaia di studenti. Cosa diversa se venisse a relazionare "del fallimento umano e politico delle Br" al cospetto di profondi conoscitori, quali storici-giornalisti od investigatori, con capacità di conoscenze già acquisite al fine di valutare ulteriormente quelle pagine oscure in cui la battaglia politica si trasformò in orribile violenza criminale. Invece no e per il Consiglio Regionale pugliese, per l'Ufficio scolastico regionale, per l'Istituto per la storia dell'antifascismo e della storia del Risorgimento e per la Società Italiana per le Scienze Umani e Sociali un buon maestro e buon educatore, per coloro che saranno i futuri gruppi dirigenti di questo Paese, è colui che ha scontato di 18 anni di carcere per esser stato uno dei protagonisti della organizzazione che fece, dell’azione omicida, un metodo di lotta.
Per l’ex componente della commissione di inchiesta sul Caso Moro di Montecitorio, l’ex deputato pd Gero Grassi il tutto appare plausibile per il sol fatto che Alberto Franceschini, si legge in un comunicato inviato a fine gennaio dal Consiglio Regionale, venga a parlare del "fallimento umano e politico delle Br... e verrà a dire agli studenti: abbiamo sbagliato". Insorgono le opposizioni ed in primis il presidente del gruppo regionale di Forza Italia, Nino Marmo: "Come può un'istituzione promuovere un convegno in memoria di una vittima e invitare anche il fondatore dell'associazione criminale che l'ha ucciso?". Non è il solo a sollevare un interrogativo simile, della stessa idea tutti gli esponenti dell'opposizione a Michele Emiliano da Fratelli d'Italia alla Lega, pur nel silenzio delle altre forze che governano, da centrosinistra, la Regione di origine del leader dc ucciso assieme alla sua scorta.
Alla base dell’indignazione non la libertà di parola per chi si è pentito della propria storia collaborando anche con la giustizia ma l'esempio che questo possa rappresentare su una platea non abbastanza informata sul clima degli anni Settanta. Cosa penserebbero i familiari degli agenti di scorta, e dello stesso Aldo Moro, ad ascoltare una lezione di politica terroristico/giudiziaria da parte di chi fu uno dei principali ideologi dell’organizzazione criminale di tanti omicidi? La Puglia chiede di togliere il patrocino da parte dell’Istituzione ed evitare che Franceschini venga visto, dalle scolaresche, come un simbolo di pentimento dopo anni di violenze. Titolo dell’incontro: "Moro educatore. Le Brigate rosse e il loro fallimento storico sociale e politicò" ma a Bari scelgono come educatore colui che, secondo Potito Perruggini, presidente dell’Associazione Anni di Piombo e nipote di Giuseppe Ciotta brigadiere di Polizia ucciso nel 1977, hanno una responsabilità diretta di tante violenze. Per Perruggini la Regione Puglia avrebbe fatto meglioa "ricordare nomi e volti di tutti quei pugliesi che sono stati uccisi dai killer degli anni di piombo. Il fallimento del terrorismo è di qualcosa che nasce già deviato e malvagio. Questo messaggio non può essere oscurato dalla parola 'fallimentò che potrebbe implicare anche il negativo esito di qualcosa che nasce da giusti ideali e da uomini giusti. Infatti anche lo stesso Napolitano nel 2007 esortò a non renderli protagonisti rischiando di dare falsi insegnamenti storici soprattutto ai giovani".
Ma in Puglia il pentimento di qualcosa di errato lascia intendere che le originarie motivazioni ideali possano essere considerate positivamente se a relazionare non siano studiosi degli eventi ma i promotori delle azioni rivoluzionarie poi sfociate in criminali omicidi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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