La prossima settimana sarà quella decisiva per la riforma del lavoro. Martedì prossimo la legge delega sul lavoro andrà in discussione in aula al Senato e il governo ha l’obiettivo di ottenere il via libera per il giorno dopo, giusto in tempo per il vertice europeo sul Lavoro di Milano previsto proprio mercoledì. E sempre martedì i sindacati, secondo quanto annunciato da Renzi, saranno convocati a Palazzo Chigi. Al momento però le sigle sindacali non hanno ricevuto alcuna convocazione né formale né informale e non è ancora certo quale sarà l’oggetto del confronto.
C'è scetticismo anche da parte degli stessi sindacati. Ieri il segretario della Fiom, Maurizio Landini ha affermato: "Bisogna capire se è una convocazione vera che voglia avviare un confronto e una discussione su tutto oppure è una convocazione per dire “ho sentito anche i sindacati”".
Secondo quanto riporta Repubblica, il premier ha in mente una serie di proposte e di contropartite. In sostanza, a fronte di una legge sulla rappresentanza sindacale, l'esecutivo punta a un'accentuazione della contrattazione aziendale e territoriale dove gli incrementi di produttività possono essere trasferiti nelle buste paga, con conseguente "declino" del contratto nazionale di categoria. Non si parlerà di articolo 18. Renzi proporrà invece il salario minimo per legge, valido per tutti. Rilanciare la produttività è il must dell'esecutivo.
Ma riuscirà Renzi a convincere sindacati e imprese? E soprattutto, sarà davvero possibile una legge sulla rappresentanza sindacale in un paese come il nostro dove oltre il 90% delle imprese sono piccole e non hanno intenzione di aprire le porte al sindacato?
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