Resta la scure referendum. L'assist della Consulta: favorirli il più possibile

La svolta di Amato, neo presidente della Corte costituzionale, fa ben sperare Lega e radicali

Resta la scure referendum. L'assist della Consulta: favorirli il più possibile

Ovviamente non è uno spoiler della sentenza, e sarebbe sbagliato cavarne previsioni precise. Ma di sicuro quello che arriva ieri da Giuliano Amato, da poco eletto presidente della Corte costituzionale, è un messaggio preciso: i referendum sono lo strumento attraverso cui il popolo ha diritto di esprimersi. E la Corte costituzionale non può impedire questa facoltà dando la caccia «al pelo nell'uovo per buttarli nel cestino». Morale: la possibilità che nei prossimi mesi gli italiani vengano chiamati a esprimersi su una serie di leggi di grande rilevanza - dalla giustizia alla droga al «fine vita» - diventa bruscamente più concreta.

Per lanciare il suo messaggio Amato sceglie una occasione in genere secondaria, il saluto di presentazione al personale della Consulta. Ma ieri mattina il passaggio dedicato ai referendum viene rilanciato dai tweet ufficiali della Corte. «Dobbiamo impegnarci al massimo per consentire il più possibile il voto popolare», dice il tweet. Che immediatamente, a torto o a ragione, viene vissuto come segnale di buon auspicio dai promotori degli otto quesiti che da martedì affronteranno il vaglio della Corte. Applaude Amato la Lega, che insieme ai radicali ha siglato le sei proposte abrogative sul fronte della giustizia. E altrettanto fanno i radicali, che hanno promosso i quesiti sulla cannabis legale e sull'eutanasia.

Negli ambienti della Corte si sottolinea come il neo-presidente non abbia in alcun modo voluto condizionare la decisione degli autorevoli colleghi. Ma è evidente che quell'ammonimento a non cercare il «pelo nell'uovo» è diretto proprio all'interno della Corte. Non è detto che gli otto referendum ottengano il via libera tutti e otto. Ma per fermare un quesito, sembra dire Amato, serviranno obiezioni di sostanza e non cavilli. Nei suoi decenni di attività, la Consulta ha respinto numerose proposte di referendum (e per questo finì nel mirino del leader radicale Marco Pannella), allargando ampiamente i suoi margini di intervento su questo fronte. Ieri Amato richiama tutti a una applicazione più rigorosa della funzione della Corte.

L'udienza di martedì si terrà a porte chiuse, alla presenza dei legali di tutti i comitati promotori, e la decisione è prevista a partire da mercoledì. Il lavoro è lungo, ma in buona parte è già stato fatto, perché i giudici relatori - designati dal predecessore di Giuliano Amato alla presidenza, Giancarlo Coraggio - hanno già da mesi affrontato in profondità le tematiche sollevate dai referendum e il loro parere influenzerà in buona parte l'esito finale. Per questo nelle ultime settimane tra i promotori si sono studiati con attenzione i profili dei relatori. Negli ambienti leghisti, per esempio, è stato visto con favore che a occuparsi di due quesiti importanti sulla giustizia sia stato un cattedratico di sicuro stampo garantista come Niccolò Zanon. Allo stesso modo un segnale benaugurante è stato considerato da parte dei promotori del referendum sull'eutanasia la designazione di Franco Modugno, costituzionalista approdato alla Consulta su scelta del Movimento 5 Stelle, che di questi temi si è già occupato come autore della sentenza che aprì la porta all'assoluzione del radicale Marco Cappato per il «suicidio assistito» di Dj Fabo.

Ma il referendum sull'eutanasia potrebbe essere comunque quello che rischia di più, perché basato su un solo articolo che depenalizza l'omicidio del consenziente senza alcuna condizione, a prescindere dello stato di salute dell'aspirante suicida. La vittoria dei sì aprirebbe di fatto un vuoto normativo che la Consulta potrebbe considerare inaccettabile.

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