C’è un aspetto che agita le acque diplomatiche e che riguarda la recente impennata di sbarchi dalla Libia. Qualcuno dall’estero contribuisce a spingere i barconi verso l’Italia. I numeri parlano chiaro: la Libia è tornata ad essere il fronte migratorio principale e tutto questo non sarebbe frutto del caso. Ecco perché il governo Draghi ha fretta di correre ai ripari.
L’avvio delle visite diplomatiche
Da quando il presidente del consiglio Mario Draghi lo scorso 6 aprile è volato in Libia assieme al ministro Luigi Di Maio per incontrare il nuovo primo ministro Abdelhamid Dabaiba, sembra che il dialogo diplomatico sul fronte dell’immigrazione sia destinato a decollare. A fare seguito a quell’incontro è stata infatti, il 20 aprile scorso, la visita lampo del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese nel territorio libico per rinsaldare coi vertici del governo i rapporti Italia-Libia. Nel colloquio con il presidente del Consiglio presidenziale Al Menfi, col primo ministro e con il suo collega dell’Interno, la Lamorgese ha affermato che, come riporta il Viminale “L’Italia è pronta a sostenere progetti di collaborazione a tutto campo, chiedendo anche alle istituzioni europee di prestare al governo di Tripoli il massimo e concreto sostegno”.
Traffico di migranti via mare e tutela dei diritti umani sono alcuni dei nodi cruciali di questo incontro che ha aperto le porte alla possibilità di creare un corridoio umanitario per la tutela degli stranieri. Nelle giornate del 22 e 23 aprile successivi, la visita è stata ricambiata. Il ministro degli esteri libico Najla el Mangoush è venuta in Italia per incontrare il suo omologo italiano Luigi Di Maio e continuare il dialogo intrapreso sul delicato tema. Najla el Mangoush potrebbe essere la chiave di un cambiamento in Libia poiché si tratta della prima donna a rivestire questo ruolo e vanta un curriculum ricco di esperienze professionali tra le quali quello di essere un avvocato e di avere lavorato come docente e ricercatrice universitaria su temi come la costruzione della pace in aeree di conflitto. Il colloquio alla Farnesina è stato giudicato positivo: “La cooperazione in materia migratoria rimane prioritaria sia per l’Italia che per la Libia – si legge in un documento del ministero degli Esteri – I due Paesi continueranno a lavorare insieme per regolare il fenomeno, aiutando al contempo la Libia nel rafforzamento del controllo del proprio confine meridionale”.
Il quadro generale attuale sul fronte immigrazione
La situazione relativa al fenomeno migratorio è molto delicata. Da quando è subentrato il 2021, i flussi di stranieri provenienti dall’altra parte del Mediterraneo hanno fatto registrare numeri allarmanti che non hanno dato cenno a momenti di sosta. Sono 8.604 i migranti giunti lungo le coste italiane dal primo gennaio ad oggi contro i 3.295 dello stesso periodo dello scorso anno nonostante la grave emergenza sanitaria. Nulla è riuscito a fermare il fenomeno connesso al traffico di migranti esercitato lungo le coste libiche e gran parte delle partenze viene registrata proprio da lì. Il sistema di accoglienza italiano è in difficoltà vista la mole degli arrivi in così poco tempo e, in vista dell’estate, la situazione potrebbe precipitare all’improvviso. Nel frattempo non sono mancate le tragedie del mare. Il 23 aprile è stato registrato un naufragio con 120 vittime. Una sciagura causata dal maltempo e dalle condizioni proibitive del mare e che sottolinea come, a un aumento dei flussi migratori, corrisponde anche un incremento dei pericoli per gli stessi migranti.
Le partenze dalla Libia aumentate del 25%
I numeri del Viminale sono preoccupanti. Ma da soli non bastano a dare un'idea esatta dell'incremento del flusso migratorio lungo la rotta libica. Dall'altra parte del Mediterraneo infatti le partenze verso il nostro Paese sono in costante aumento. Ai barconi arrivati in Italia, occorre conteggiare anche quelli fermati in acque libiche. Il 4 febbraio infatti l'Unhcr ha riferito di almeno 700 migranti fatti tornare indietro verso le coste libiche dalle autorità di Tripoli. Il 29 marzo invece è stata l'Oim a segnalare il rientro in Libia di circa 1.000 migranti raggiunti dalle motovedette della locale Guardia Costiera. Altri interventi del genere sono stati riportati nel mese di aprile. Segno quindi di come la pressione migratoria stia diventando sempre più preoccupante.
Circostanza confermata anche dall'ammiraglio Fabio Agostini, comandante dell'operazione Irini, la missione dell'Unione Europea lanciata nel 2020 per il monitoraggio del rispetto dell'embargo di armi in Libia. Nel corso del webinar The European Common Security and Defence Policy in Libya, organizzato dalla Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale (Sioi), l'ammiraglio Agostini ha parlato di numeri inequivocabili: “Nel corso del 2020 – si legge nelle sue dichiarazioni – le partenze dei migranti dalla Libia via mare hanno visto un aumento del 25 per cento circa anno su anno, un andamento simile ai primi tre mesi del 2021”.
Il “soffio” della Turchia
Sul perché la rotta libica sia tornata ad essere quella più preoccupante sono state avanzate più ipotesi. A IlGiornale.it, il 20 aprile, il docente Vittorio Emanuele Parsi ha parlato di dinamiche interne al Paese nordafricano: “C'è un nuovo governo in Libia – ha dichiarato – ancora non in grado di controllare il territorio”. In ambienti diplomatici si sta iniziando a parlare anche di dinamiche esterne. Gli occhi sono puntati sulla Turchia. Ankara dal novembre 2019 è la principale alleata militare di Tripoli. In Libia, per aiutare l'allora governo di Al Sarraj a sconfiggere le forze del generale Haftar, ha riversato mezzi, soldi e mercenari: “La Turchia ha una forte presa su molte milizie libiche – ha sottolineato una fonte diplomatica a IlGiornale.it – anche su quelle che gestiscono il traffico migratorio”.
Tra Roma e Ankara in questo momento non corre buon sangue. Mario Draghi ha definito nei giorni scorsi il presidente Erdogan un “dittatore”, quest'ultimo ha risposto dando del maleducato al nostro presidente del consiglio. Screzi che sottintendono profonde divergenze su molti dossier: “Erdogan sa bene che l'immigrazione può mettere in difficoltà il governo italiano – ha proseguito la fonte diplomatica – da Ankara potrebbero aver dato un certo impulso alle partenze di barconi dalla Libia. Molti segnali raccolti vanno in questa direzione”.
Del resto non sarebbe la prima volta: “Già in passato l'arma migratoria dalla Turchia è stata usata come ricatto verso l'Europa”, ha concluso la fonte diplomatica. Per l'Italia appare quindi ancora più importante continuare con il dialogo con il nuovo governo di Tripoli.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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