Vogliamo davvero aprire un cantiere liberale per portare al governo l'Italia democratica produttiva e intelligente? Cominciamo col fare i compiti. Primo compito: intestarsi il 30 per cento. Il trenta per cento di «No» al referendum sul taglio dei parlamentari è una percentuale altissima, ma fanno tutti finta che sia materiale di scarto. Soltanto Berlusconi e Renzi hanno dato ai propri elettori libertà di voto al referendum, suggerendo un timido «No».
Che peccato: se noi liberali avessimo gridato a squarciagola di votare «No» contro la picconata alla democrazia, oggi potremmo intestarci quel risultato e salirci sopra come alle Olimpiadi. E naturalmente lo sappiamo: il «No» è stato un voto trasversale, cioè anche di sinistra, ma dentro un recinto liberale; mentre il «Sì» è stato un voto sciocco e distruttivo. Ha vinto perché quello era il trend, sai che scoperta. Ed era anche la polizza del Movimento cinque stelle quando si è accasato con il Partito democratico, che ha messo le corna a se stesso.
Nel centrodestra le posizioni sono divise e questo si deve vedere: uniti per governare, ma disuniti per seminare e raccogliere. Se si fa finta di essere uguali, il più grosso ti si mangia.
Va poi comunicato agli elettori che mai un centrodestra tornerà al governo se non sotto guida liberale, non sovranista.
Ma per fare la voce grossa bisogna prima pesare qualche etto altrimenti ti asfaltano. Ciò vale dove domina il bullismo: in televisione, sulla carta e sui social. Se gli uomini e le donne ci sono? Basta estrarli dal freezer ed esporli alla luce del sole.
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