Il ritorno dei comunisti chic ​Vanno in piazza e litigano già

Bersani e Pisapia lanciano Insieme, ma c’è chi si sfila Disertano i promotori del No. Disaccordo sulle alleanze

Il ritorno dei comunisti chic  ​Vanno in piazza e litigano già

L’ Ulivo rinasce in versione bonsai. E per Matteo Renzi, niente ramoscelli di pace. In piazza Santi Apostoli, teatro delle vittorie di Romano Prodi, si è celebrato il ritorno della sinistra salottiera e intellettuale. Quella milanese doc, rappresentata da Gad Lerner che ha partecipato alla kermesse organizzata da Giuliano Pisapia in veste di conduttore, e quella romana un po’ più popolare di Claudio Amendola e Sabrina Ferilli, che ieri hanno inviato messaggi alla folla. Il nuovo polo adesso è realtà. Si chiamerà «Insieme», e se sarà una lista o una coalizione ancora non è chiaro. Il formato sarà comunque ridotto rispetto all’epoca prodiana. Alla testa delle truppe, come ai vecchi tempi, ci sono gli ex comunisti. Campo progressista e gli scissionisti di Mdp lanciano il guanto di sfida a Matteo Renzi. «La politica non è avere tanti like, non è l’Io, ma il Noi che deve tornare ad avere significato per la vita quotidiana. Servono uguaglianza e giustizia sociale», ha detto Pisapia dal palco rosso e arancione al centro della piazza. Chiede discontinuità anche Pier Luigi Bersani, «e non per rancore, nostalgia, antipatia, oppure perché non abbiamo fatto il vaccino obbligatorio contro l’anti-renzismo». La corsa agli elettori in vista delle Politiche, insomma, è partita. E sarà una sfida senza esclusione di colpi, dentro una sinistra ricaduta nel suo vizio più antico: il frazionamento. Già, perché se la spaccatura tra il Pd e la nuova formazione dell’ex sindaco di Milano sembra insanabile, le divisioni abbondano anche tra gli oppositori del segretario dem. Non c’erano Anna Falcone e Tomaso Montanari, che due settimane fa avevano radunato le loro truppe al teatro Brancaccio. A entrambi è stata negata la possibilità di parlare alla piazza, e per tutta risposta hanno declinato l’invito. Mancava anche Romano Prodi, che ha tentato con scarso successo di fare da pontiere tra Renzi e i suoi nemici. L’ex premier si trovava a Strasburgo, ai funerali di Helmut Kohl, ma la sua assenza si è fatta sentire. Con buona pace dei proclami di Pisapia, che ha invitato il popolo della sinistra a unirsi dentro «una casa nuova, che non rappresenta una mera alleanza elettorale». La rotta, come sempre, l’ha tracciata Massimo D’Alema. «Andremo alle elezioni ognuno con la sua piattaforma. Con Renzi parleremo dopo il voto». La convergenza partirà dagli enti locali e dal Parlamento: «Entro settembre uniremo i gruppi a Montecitorio e a Palazzo Madama», ha assicurato l’ex sindaco di Milano di fronte alla presidente della Camera Laura Boldrini. Renzi, che poche ore prima, all’assemblea dei circoli Pd a Milano, si era detto deciso a non farsi fermare «da nessuno», è stato tirato in ballo di continuo. «Il Pd non è nelle condizioni di promuovere un centrosinistra largo, perché pensa di riassumerlo in sé stesso e nel capo», ha tuonato Bersani. «Se il Pd fosse di sinistra, noi oggi non saremmo qui», ha aggiunto D’Alema.

«È stato un errore abolire l’articolo 18, al pari del taglio dell’Imu per tutti», ha aggiunto Pisapia. E poco male se in piazza c’era anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che del governo Renzi ha fatto parte e che oggi guida la minoranza Pd.

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