Il copione non è nuovo: nella maggioranza tutti dicono peste e corna di Giuseppe Conte; tutti criticano i suoi surreali piani di «governance» piramidale, forte di trecento non meglio identificati componenti del «team»; tutti protestano contro la «arroganza» con cui il premier ieri ha liquidato le ipotesi di rimpasto o l'utilizzo del Mes sanitario. Poi, però, non succede nulla e tutto va avanti come prima.
Certo le tensioni ci sono eccome, tanto che ieri pomeriggio - visto il clima - Palazzo Chigi ha preferito rinviare il vertice con capidelegazione di maggioranza e ministri vari che avrebbe dovuto risolvere i fortissimi contrasti sull'organismo-monstre (ma col cuore e la cassa a Palazzo Chigi) pensato da Conte per gestire i 200 e rotti miliardi del Recovery Fund e la realizzazione dei progetti di riforma che dovrebbe finanziare.
La proposta, che dovrebbe finire in un emendamento alla manovra da approvare entro fine anno, ha suscitato critiche da ogni parte: per l'accentramento di tutti i poteri a Palazzo Chigi, nella cabina di regia formata dal premier insieme ai ministri Gualtieri (Pd) e Patuanelli (M5s), entrambi considerati fedelissimi di Conte. Ma anche per la gigantesca struttura «piramidale» composta di sei manager pescati tutti nelle partecipate statali (Eni, Enel, Ferrovie etc), ognuno con una squadra di cinquanta «esperti» di provenienza misteriosa.
Il blitz contiano ha fatto infuriare il Pd, che da settimane incalzava sul tema della «governance» del Recovery Plan, per evitare che il premier tenga per sé la regia. E allo scopo aveva proposto un ministro o sottosegretario ad hoc (possibilmente dem), chiamato a coordinare le operazioni e a raccordare i ministri coinvolti. Mentre la proposta Conte serve, denuncia un dirigente Pd, «a togliere ogni voce in capitolo al governo - premier escluso - e alla maggioranza».
Persino un osservatore prudente come Pierluigi Castagnetti, ex leader del Ppi e buon amico di Mattarella, non si tiene: «Trecento? Sì, trecento. Non so se sia il senso del limite o del ridicolo, ma qualcosa eccede». Da Italia viva arriva un secco altolà: «Siamo in ritardo sui progetti, e ora viene fuori la cabina di regia: ne abbiamo già viste tante, ma invece bisogna far lavorare le strutture della Pubblica amministrazione. E la cabina di regia c'è già, è il Consiglio dei ministri», dice Ettore Rosato. «Se poi i ministri non vanno bene, come pare sottintendere il commissariamento immaginato da Conte, si cambino i ministri», aggiunge un esponente dem. E aggiunge perfidamente: «Se invece abbiamo bisogno di arruolare trecento tecnici, facciamo prima a prendere anche il migliore di tutti e metterlo a Palazzo Chigi». Il riferimento, assai chiaro, è a Mario Draghi.
Lo stesso ministro Lorenzo Guerini, normalmente assai silenzioso, ha lasciato trapelare una notevole perplessità sulla proposta contiana, dando ragione ai rilievi di Carlo Calenda che fa notare come così si creerebbe un gigantesco conflitto di competenze con i ministri espropriati dai manager. Anche i Cinque stelle sbottano: «Continuiamo a perdere tempo, secondo il governo doveva essere già tutto pronto e invece stiamo ancora litigando su chi deve fare la spesa».
Le opposizioni ovviamente si scagliano contro il «mega-carrozzone» proposto da Conte, che serve solo «a nascondere il fatto che lo stesso premier considera gran parte dei suoi ministri degli incompetenti, incapaci di gestire dossier importanti». Insomma, denunciano, il «carrozzone» servirebbe solo a piazzare un po' di scontenti dei vari partiti «evitando il rimpasto».
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