La rivolta di Gaza fa tremare Hamas

Le proteste contro i terroristi non si fermano. Il gruppo: "Megafoni di Tel Aviv"

La rivolta di Gaza fa tremare Hamas
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Dalla città di Gaza a Beit Lahiya, nel Nord, fino a Khan Younis nel Sud. Per il secondo giorno consecutivo, i palestinesi scendono in strada contro Hamas inscenando le più partecipate manifestazioni contro gli islamisti da inizio conflitto. È una svolta dopo le timide contestazioni della prima fase della guerra. I civili sono migliaia e, nonostante le intimidazioni degli estremisti, urlano a squarciagola: «Fuori, fuori, Hamas fuori», «il popolo di Gaza non vuole la guerra», «vogliamo mangiare».

I terroristi attaccano e sminuiscono le proteste, liquidando i manifestanti come «megafoni di Israele» e lasciando intendere che i palestinesi in piazza stanno tradendo il popolo palestinese. Sami Abu Zuhri, alto funzionario di Hamas, insinua che sia Israele ad averli istigati. Ma è evidente che l'esasperazione e la rabbia dei civili di Gaza per la situazione nella Striscia e la ripresa del conflitto, dopo due mesi di tregua, adesso non è più rivolta solamente contro l'esercito israeliano, ma ora anche contro gli ex padroni dell'enclave. Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, si rivolge espressamente agli abitanti della Striscia spiegando che «presto l'Idf opererà con forza in altre zone di Gaza». «Sarete costretti a evacuare e perderete ancora più territorio - dice riferendosi a una zona cuscinetto in espansione lungo il confine - I piani sono già approvati». Infine l'invito: «Chiedete la rimozione di Hamas e il rilascio immediato di tutti gli ostaggi. È l'unico modo per fermare la guerra».

Ma il conflitto prosegue. Nell'ultima settimana le vittime sono oltre 830 e l'esercito avverte i residenti di alcuni quartieri di Gaza City di evacuare prima di nuovi raid. Dalla Striscia, intanto, Hamas lancia altri due razzi contro Israele, mirando a Sud. Uno viene intercettato, l'altro colpisce l'area di Zimrat, senza fare vittime.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu torna ad avvisare Hamas che il rifiuto di rilasciare gli ostaggi aumenterà la pressione militare. Il gruppo replica cinicamente: «Ogni volta che l'occupazione cerca di recuperare gli ostaggi con la forza, li restituisce morti nelle bare». È il braccio di ferro sulla pelle dei rapiti. Intanto il premier, durante la plenaria del Parlamento che discuteva il controverso disegno di legge per aumentare il controllo politico sulle nomine dei giudici, si difende dalle accuse di scarsa democraticità dopo le proteste di piazza e il licenziamento (sospeso dalla Corte Suprema) del capo dei servizi segreti interni, Ronen Bar, sostenendo che «la democrazia non è in pericolo in Israele. È in pericolo il governo dei burocrati, il Deep State» (lo «Stato dentro lo Stato», costituito da lobby e reti nascoste di potere, ndr). E se la prende con l'opposizione, che «semina anarchia nelle strade» e con un gesto simbolico lascia l'Aula mentre si discute il provvedimento e allestisce simbolicamente i propri uffici sotto le tende lungo la strada che porta alla Knesset.

Durissima la replica del leader avverso, Yair Lapid, che ha ripreso le parole del primo ministro, dopo che Netanyahu ha sostenuto di essere al lavoro per fare «cose che nessun governo ha mai fatto» e ha tuonato: «Hai fatto qualcosa come il 7 ottobre, il giorno più terribile per il popolo ebraico dalla Shoah». Benny Gantz, presidente del partito Unità nazionale, ha avvertito il governo che il «Paese è sull'orlo di una guerra civile».

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