È entrato col codazzo di auto ministeriali nel parcheggio del Lingotto, all'Oval, alle due del pomeriggio; se ne è andato che erano quasi le quattro. E in meno di due ore si è preso il Salone del Libro di Torino.
Matteo Salvini - vicepremier, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, leader della Lega e scrittore - per la legge non scritta che vieta ai politici di presentare libri in periodo di par condicio per le Elezioni europee, qui a Torino non ha potuto parlare del suo libro - Controvento. L'Italia che non si arrende - ma è passato per un firmacopie nello stand del suo editore, Piemme, e poi ha fatto una lunghissima passerella: bagno di folla per lui, di sudore per tutti gli altri.
Code di fan, tutti i giornalisti per lui, le autorità ad attenderlo e i vertici del Salone ad accompagnarlo col sorriso tirato - in giro per gli stand. Applausi, selfie, strette di mano, fotografi e dichiarazioni su tutto, a partire dal caso del giorno. «Toti è una persona perbene. Lo conosco. Deve dimettersi? No. La magistratura faccia quello che deve fare, ma se ogni indagato si dovesse dimettere, domani l'Italia si ferma. Io vorrei sapere se ci fossero microspie negli uffici di qualche giudice per quanto tempo continuerebbe a fare il suo lavoro...».
E il tutto percorso netto senza nemmeno una contestazione. «Non le teme, ministro?». «No: così dev'essere in democrazia. Non si zittisce chi parla, lo si ascolta e poi se si vuole si compra il suo libro, se no ce ne sono tanti altri. Ognuno compra quello che vuole».
La gente che ha comprato il suo, intanto, è moltissima. Nella prima settimana di uscita Controvento ha venduto nelle librerie 7.500 copie, più 9mila direttamente dall'editore ma che non vengono conteggiate nelle classifiche (così dice un comunicato della Lega). Totale: 16mila e rotte copie che ne fanno, in appena sette giorni, il titolo italiano più venduto in assoluto. «È emozionate. Per uno come me che fa un altro mestiere e non lo scrittore, sapere che così tante persone prendono in mano le tue idee è tanta roba». Ha detto proprio così: «Tanta roba». Per il grande popolo del Salone dei lettori-forti, buoni, giusti e democratici le signore dai capelli blu, le gattare arcobaleno, le professoresse che leggono Alessandro D'Avenia, le orfane della Murgia, le milizie di Zerocalcare e il grande mondo femminile e femminista del romance una vera umiliazione.
Di fronte alla Piemme dove Matteo Salvini fa il firmacopie il primo della fila è uno studente di Giurisprudenza di 19 anni che oggi ha saltato lezione per essere qui, gli ultimi un gruppetto di ragazzi della «Lega Giovani» di Torino che i libro lo devono ancora acquistare c'è lo stand di Adelphi. A suo modo, una Nemesi intellettuale. Dal Pensiero Tradizionale di Roberto Calasso a quello ultra conservatore di Roberto Vannacci ci sono meno di due metri e mezzo. Il Salone del Libro è anche questo.
Matteo Salvini è questo. È attorniato da una prima cerchia di sostenitori entusiasti, e da una seconda cerchia di curiosi mezzo schifati, ma lui con la stessa disinvoltura passa dalla casa dell'amico (la Protezione civile) a quella del nemico (lo stand della Stampa), si fa fotografare con i militanti e i ragazzini nordafricani che gli chiedono un selfie, parla di Ilaria Salis, il cui padre è al padiglione qui accanto («Se dovessi incontrarlo gli farei in bocca al lupo per la figlia perché non sono abituato a volere il male di nessuno.
Poi lui si tiene le sue idee, io mi tengo le mie»), s'intrufola a casa Treccani sfogliando un libro d'arte in posa da intellettuale e poi passa in rassegna gli stand di tutte le Regioni d'Italia presenti al Lingotto. L'ultimo, ma è solo un caso, è quello della Liguria. Un po' mogio in questi giorni.«In bocca al lupo e in alto i cuori», saluta Salvini. «Stasera sono a Spezia». A presentare il suo libro.
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