"Fino alle europee? Macché, noi governeremo insieme fino al 2023". Il giorno dopo lo strappo sul condono, Matteo Salvini assicura che non romperà con Luigi Di Maio. Lo fa prima con una in una intervista alla Stampa, in cui garantisce che la Lega non fa "ribaltoni, inciuci e tranelli", poi con la fotografia di un sole splendente postata su Facebook. "Dopo le nuvole torna sempre il sereno - scrive il leader del Carroccio sul social network - chi si arrende ha già perso, mai mollare". Tutto rientrato, insomma. Anche se il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, non ha ancora mandato giù gli attacchi che gli sono stati mossi dai Cinque Stelle. "Io sono una persona per bene - spiega il leghista a Repubblica - non consento a nessuno di alludere a complotti e trame oscure, con dichiarazioni così scomposte. Se si continua ad attaccare chi prova a tenere in piedi la baracca, il governo non andrà molto lontano".
"Noi manteniamo la parola data", assicusa Salvini. Ma è certo che nelle ultime ore il governo gialloverde è rimasto appeso a un filo. Tutta colpa del durissimo scontro sul decreto fiscale e alla fantomatica "manina" denunciata dai Cinque Stelle sal salotto di Bruno Vespa. "Spero che Di Maio ci vada davvero, in procura - commenta ora Giorgetti - scoprirà che la famosa 'manina' è in casa loro. Ma occhio, così loro si vanno a schiantare". Nell'intervista a Repubblica il braccio destro di Salvini ripercorre gli ultimi dieci giorni al ministero dell'Economia. È lì che è stato discusso il passaggio della cosiddetta pace fiscale relativo alla dichiarazione integrativa. Ne hanno parlato approfonditamente i leghisti Massimo Bitonci e Massimo Garavaglia con il vice ministro pentastellato Laura Castelli. Poi il premier Giuseppe Conte ha rivisto la misura con Salvini e Di Maio durante il vertice che ha preceduto il Consiglio dei ministri di lunedì scorso. "Sarebbe stato assurdo non concedere l'ombrello di non punibilità per reati fiscali a chi accetta di venire allo scoperto e pagare", sostiene Giorgetti che ha seguito i lavori fino all'approvazione dell'articolo 6. La norma contestata è contenuta all'articolo 9. "E lì non so cosa sia successo, non c'ero e non sono stato io a redigere il verbale - continua il leghista - non so chi lo abbia fatto. Da quel che mi è stato riferito il decreto è stato approvato dopo che Conte ha supervisionato il testo apportando le modifiche ritenute necessarie".
Dopo il violentissimo scambio di accuse di ieri, oggi sembra tornare il sereno. O per lo meno è quello che dice Salvini. "Il decreto è quello scritto - spiega alla Stampa - in Consiglio io c'ero, Di Maio pure, Conte ce lo ha letto com'è scritto e l'abbiamo approvato". Per il leader del Carroccio è tutto "un enorme equivoco". Un equivoco "pericoloso", però. "Tutti - continua - in Europa non vedono l'ora di attaccarci, non è bene dargliene l'occasione. Ma per quel che mi riguarda, il decreto quello è e quello resta". Salvini assicura, tuttavia, di non essere in lite con nessuno. "Conte è un ottimo presidente del Consiglio, corretto, equilibrato - spiega - sa fare il suo mestiere. In realtà con tutti i miei colleghi ministri il rapporto è ottimo". "Di Maio dice che così com'è il decreto lui non lo vota? Crede che io non abbia mai avuto dubbi su nessuno dei provvedimenti che abbiamo adottato? Ma li ho votati perché siamo tutti sulla stessa barca".
Domani Salvini volerà a Roma.
Si vedrà con Conte e con Di Maio. L'obiettivo è "risolvere tutti i problemi" che ci sono sul tavolo e tornare a lavorare insieme. Perché l'orizzonte restano ancora cinque anni di legislatura da portare a termine.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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