Sanità sotto accusa, la rivolta dei medici "Incredibile, allora siamo tutti colpevoli"

La Fadoi: "Solo in Italia c'è un'iniziativa giudiziaria del genere"

Sanità sotto accusa, la rivolta dei medici "Incredibile, allora siamo tutti colpevoli"

Internisti, cattedratici, ospedalieri bocciano le conclusioni della Procura di Bergamo che ha accusato di reati gravi non solo politici ma anche i vertici della sanità italiana e professionisti di altissimo livello che hanno contato morti, si sono spesi per capire, combattere e poi sconfiggere la bestia nera. Dopo quasi tre anni da incubo c'è amarezza tra i camici bianchi. Sono state scaricate pesanti responsabilità sui membri del Comitato tecnico scientifico o sui politici che magari non sono stati tempestivi, hanno tentennato, rinviato, sbagliato, ma nell'intento di fare la cosa giusta.

«Solo in Italia dichiarano in una nota il presidente della Fadoi, la società scientifica della Medicina Interna, Francesco Dentali e il presidente della Fondazione Fadoi, Dario Manfellotto - c'è un'iniziativa giudiziaria di questo tipo. Siamo allora noi più intelligenti, più puri, più corretti? La magistratura italiana è la migliore al mondo perché è l'unica che ha scoperto degli errori? Ma ci siamo dimenticati che la pandemia ha colpito tutto il mondo e che l'Italia è stato il primo Paese a essere travolto? Se è così allora è inutile nascondersi dietro a un dito: siamo tutti colpevoli, incapaci e negligenti perché noi tutti, non solo i decisori, abbiamo agito in base a quel che scienza, coscienza e conoscenza fornivano in quei momenti drammatici».

I due esponenti degli internisti ospedalieri, che nei loro reparti hanno preso in carico il 70 per cento dei pazienti Covid nel corso della pandemia, bollano come «incredibili» le accuse mosse a 20 indagati di omicidio colposo, epidemia colposa tra cui i massimi esperti e clinici della sanità italiana la cui professionalità è riconosciuta e apprezzata in tutto mondo ora additati quasi come dei criminali. «In tre anni e ancora di più nel 2020, in quelle prime settimane in cui scoppiò la pandemia in Italia ricordano Dentali e Manfellotto - navigando al buio di fronte a un'emergenza sconosciuta abbiamo dedicato tutta la nostra attività senza limiti d'orario, con un impegno totalizzante e con centinaia di morti tra medici e operatori sanitari».

Critico sulle conclusioni giudiziarie anche un medico che ha praticamente traslocato in ospedale durante l'era Covid. «Abbiamo avuto l'ignoto che è arrivato che ci ha preso alle spalle. Cosa si sarebbe dovuto fare in quel periodo? - si domanda Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive dell'ospedale San Martino di Genova -. Non c'erano i tamponi, non c'era conoscenza del virus, dei farmaci, di nulla. È chiaro, c'era un problema, non esisteva un piano pandemico nazionale, ma perché si deve andare a indagare il presidente della Regione Lombardia o il presidente del Consiglio? Quando si vanno a colpire tante persone insieme si finisce per non colpire nessuno e non si avrà una verità finale».

Anche Massimo Andreoni, professore di Malattie infettive all'Università Tor Vergata di Roma pensa che finirà tutto nel dimenticatoio: «Gli

scienziati indagati sono un fatto già visto dopo i terremoti quando vengono accusati gli uffici tecnici delle amministrazioni spiega -. Qualche errore è stato commesso, ma non si può criticare oggi con il senno del poi».

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